domenica 14 novembre 2010

Persecuzioni cristiane


Le notizie di tanti cristiani che vengono perseguitati e uccisi in diverse parti del mondo, se da una parte ci indignano, dall'altra ci devono far riflettere sul fatto che oggi, più che mai, per vivere la fede è necessario andare controcorrente.
Gesù al riguardo ci aveva preavvertito: "Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". La Chiesa, e quindi anche tutti noi, siamo chiamati a rivivere nel nostro piccolo la vita di Gesù Cristo. E' un impegno, ma anche una grande grazia.
I milioni di martiri, una moltitudine immensa che nei tempi moderni hanno lavate le loro vesti nel sangue dell'Agnello, ci devono svegliare dal nostro cristianesimo tiepido e pieno di compromessi col mondo.
Gesù concede a chi lui sa la grazia del martirio, però chiede a tutti la testimonianza coraggiosa delle fede. Ci chiede di non vergognarci di lui e delle sue parole. E' in questo modo che possiamo essere il sale della terra e la luce del mondo.
Sosteniamo i nostri fratelli perserguitati con la preghiera, ma non medesimo tempo usciamo dall'anonimato e mostriamo la nostra identità di cristiani convinti, che amano Gesù e lo seguono.
La Regina della pace ci esorta ad essere "testimoni della fede", "apostoli dell'amore", "portatori della pace" . E' di queste persone che il mondo oggi ha bisogno.


lettera di Padre Livio
direttore di Radio Maria

sabato 13 novembre 2010

Il primo comandamento


NON AVRAI ALTRI DEI DI FRONTE A ME


Con le parole del primo comandamento, Iddio ci ordina di riconoscere, di adorare, di amare e servire Lui solo, come nostro supremo Signore.

Il primo comandamento si adempie coll'esercizio del culto sia interno che esterno.

Il culto interno è l'onore che si rende a Dio con le sole facoltà dello spirito, ossia con la mente e con la volontà.

Il culto esterno è l'omaggio che si rende a Dio per mezzo di atti esteriori e di oggetti sensibili.

Non basta adorar Dio solo col cuore interiormente, ma bisogna adorarlo anche esteriormente, collo spirito e col corpo, perché Egli è Creatore e Signore dell'uno e dell'altro.

Nello stesso tempo, non ci può essere culto esterno senza l'interno, perché quello scompagnato da questo rimane privo di vita, di merito e di efficacia, come il corpo senz' anima.

Il primo comandamento ci proibisce l'idolatria, la superstizione, l'irreligione, il sacrilegio, l'eresia ed ogni altro peccato contro la religione.

giovedì 11 novembre 2010

I dieci Comandamenti

"Il Signore comandò l'amore verso Dio e insegnò la giustizia verso il prossimo, affinchè l'uomo non fosse nè ingiusto, nè indegno di Dio.

Cosi, per mezzo del Decalogo, Dio preparava l'uomo a diventare suo amico e ad avere un solo cuore con il suo prossimo [....].

Le parole del Decalogo restano validissime per noi.

Lungi dall' essere abolite, esse sono state portate a pienezza di significato e di sviluppo dalla venuta del Signore nella carne".
Sant' Ireneo di Lione

mercoledì 10 novembre 2010

LA PREGHIERA CRISTIANA

Caro visitatore, quante volte al giorno usi telefono, sms, e-mail, Skype..... per parlare a chi vuoi bene ? per aiutare o chiedere tu stesso aiuto ? per forgiare il mondo con il tuo lavoro?
Riesci ad immaginare anche una sola giornata senza neppure una parola a qualcuno? e, nel caso, al rientro a casa la sera ti immagineresti contento o almeno soddisfatto di te?
Tanti, già all'opera nel Regno di Dio, aspettano almeno un tuo sms di presenza e prima di tutti è Dio Padre che l'aspetta.

La preghiera dei figli
La nostra salvezza è nelle mani di Cristo ma dipende da noi. La Chiesa ci aiuta e traccia il percorso, ma smarrimento facile e vista corta sono nella natura dell'uomo.
Non ci è dato conoscere in dettaglio il criterio di valutazione dei crediti che porteremo in Giudizio, tuttavia è difficile immaginare un rango superiore a quello di un padre che insegna a suo figlio a pregare secondo l'insegnamento di Cristo e di Santa Romana Chiesa.


Tratto dal sito: Alma Prex

I Cavalieri dell' Immacolata

La devozione alla Madonna è quanto mai necessaria in questi nostri difficili tempi, nei quali il demonio sembra moltiplicare i suoi sforzi per diffondere il male nel mondo, rovinare le anime e, in particolar modo, disgregare le famiglie. La devozione alla Madonna è fondamentale per superare tutte queste difficoltà. Proprio perché questi tempi sono difficili, il cristiano deve rivolgersi a Colei che è la Debellatrice del maligno. Con spirito profetico, san Luigi parla di un’era mariana, nella quale sorgeranno grandi Santi, i quali propagheranno la devozione alla Santa Vergine. Rifacendosi a delle rivelazioni avute da un’anima santa, egli insegna che:
«L’Altissimo con la sua santa Madre devono formarsi dei grandi Santi, i quali supereranno in santità la maggior parte degli altri Santi [...]. Queste anime grandi, piene di grazia e di zelo, saranno prescelte da Dio perché combattano i suoi nemici, che insorgeranno frementi da ogni parte. Esse saranno in particolar modo devote di Maria Santissima, rischiarate dalle sua luce, nutrite del suo latte, guidate dal suo spirito, sostenute dal suo braccio, custodite sotto la sua protezione [...]. Esse indurranno tutti con le loro parole e i loro esempi alla vera devozione a Maria» (VD 47-48).

Continuando il suo Trattato, san Luigi scrive che «per mezzo di Maria la salvezza del mondo ebbe inizio, e per mezzo di Maria deve avere il suo compimento» (VD 49). Bisogna far dunque conoscere Maria al mondo intero poiché «Ella è la via immacolata per andare a Gesù Cristo e trovarlo perfettamente, per mezzo di lei lo devono trovare le anime sante destinate a risplendere in santità. Chi troverà Maria, troverà la vita [...]» (VD 50).
È quanto mai necessaria la devozione alla Madonna perché:
«Il diavolo, ben sapendo di aver poco tempo, e più poco che mai, per trarre a rovina le anime, raddoppia ogni giorno i suoi sforzi e i suoi attacchi: susciterà infatti quanto prima crudeli persecuzioni e tenderà orribili insidie ai servi fedeli e ai veri figli di Maria, che vince più difficilmente degli altri» (VD 50).

Il demonio è furente, ma l’Immacolata «è terribile di fronte al diavolo e ai suoi seguaci, come un esercito schierato in battaglia» (VD 50). Il fedele servo di Maria non avrà nulla da temere: Ella lo proteggerà e lo farà trionfare su tutti i suoi nemici. San Luigi si dilunga a parlare di questi fedeli servitori di Maria, i quali, come Cavalieri dell’Immacolata, combatteranno la buona battaglia del bene. Di questa battaglia tra l’Immacolata e il demonio si parla nelle prime pagine della Bibbia, ove si legge: «Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà il capo e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15).

La Madonna è la Nemica per eccellenza del maligno perché è l’Immacolata, è Colei che neppure per un istante è stata sotto il dominio del peccato e del demonio. Per questo motivo, il maligno la odia in modo particolare, e, per questo motivo, Dio si serve di Lei per sconfiggere satana e tutti i suoi emissari. San Luigi scrive che i demoni «temono più uno solo dei suoi sospiri [di Maria] per qualche anima, che le preghiere di tutti i Santi, e una sola delle sue minacce contro di loro, che tutti gli altri tormenti» (VD 51).Pertanto, Dio vuole che la Madonna sia ora più che mai conosciuta, amata e onorata (cf VD 55). Ma, per farla conoscere, c’è bisogno di chi parli di Lei alle anime. San Luigi scrive dunque degli umili suoi servi, i quali «si consacreranno interamente al suo servizio, in qualità di sudditi e schiavi d’amore» (VD 55) e la faranno conoscere alle anime. Questi “Apostoli di Maria” «sperimenteranno le sue dolcezze e bontà materne, e l’ameranno col tenero affetto di figli prediletti; allora conosceranno le misericordie di cui Ella è piena» (ivi). Questi “Cavalieri dell’Immacolata” saranno «fuoco ardente» (VD 56) e, ben purificati dal fuoco di grandi tribolazioni, metteranno dappertutto la fiamma del Divino Amore; saranno «nubi tonanti» (VD 57) contro il peccato, che smaschereranno ovunque esso si nasconda. Essi avranno «il Crocifisso nella mano destra e la corona nella sinistra, i sacri Nomi di Gesù e di Maria sul cuore» (VD 59) e la mortificazione in tutto il loro tenore di vita.

«Ecco i grandi uomini che devono arrivare, e che Maria formerà per ordine dell’Altissimo» (ivi). Così si conclude il primo capitolo del Trattato, facendo comprendere tutto il desiderio dell’Autore per l’avvento di questo tempo di grazia, di questo “Tempo di Maria”. San Luigi intravide questo tempo e sospirò: «Ma quando e come avverrà questo? [...] Dio solo lo sa: compito nostro è di pregare, sospirare ed attendere in silenzio» (ivi).
È molto bello accostare la profezia di san Luigi con la promessa che la Madonna diede a Fatima: «Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà». Trionferà certamente, ma la Madonna chiede le nostre preghiere per affrettare questo evento di grazia.

di Padre Stefano M. Miotto, FI
Tratto da: Il Settimanale di Padre Pio

lunedì 8 novembre 2010

Combattere l'ansietà

Camminate con semplicità nella via del Signore e non tormentate il vostro spirito. Bisogna che odiate i vostri difetti ma con odio tranquillo e non già fastidioso ed inquieto; fa d’uopo avere con essi pazienza e ritrarne vantaggio mediante un santo abbassamento. In difetto di tal pazienza, mie buone figliole, le vostre imperfezioni, invece di scemare, crescono sempre più, non essendovi cosa che nutrisca tanto i nostri difetti quanto l’inquietudine e la sollecitudine di volerli allontanare.

Guardati dalle ansie ed inquietudini, perché non vi è cosa che maggiormente impedisca il camminare nella perfezione. Poni, figliuola mia, dolcemente il tuo cuore nelle piaghe del nostro Signore, ma non a forza di braccia. Abbi una gran confidenza nella sua misericordia e bontà, ch’egli non ti abbandonerà mai, ma non lasciare per questo di abbracciare bene la sua santa croce.

Non ti inquietare quando non puoi meditare, non puoi comunicarti e non puoi attendere a tutte le pratiche devote.Cerca in questo frattempo di supplire diversamente col tenerti unita a nostro Signore con una volontà amorosa, con le orazioni giaculatorie, con le comunioni spirituali.
Camminiamo, dunque, sempre anche nel nostro passo lento; purché abbiamo l’effetto buono e risoluto, non possiamo se non camminare bene. No, mie carissime figliole, non è necessario per l’esercizio della virtù stare attualmente attente a tutte; questo veramente imbroglierebbe e ravvolgerebbe troppo i vostri pensieri ed effetti.

Non ti affaticare intorno a cose che generano sollecitudine, perturbazioni ed affanni. Una sola cosa è necessaria: sollevare lo spirito ed amare Dio.

L’ansietà è uno dei maggiori traditori che la vera virtù e soda devozione possa mai avere; finge di riscaldarsi al bene operare, ma non lo fa, se non per raffreddarsi, e non ci fa correre, per farci inciampare e per questo bisogna guardarsene in ogni occasione, particolarmente nell’orazione; e per meglio riuscirci, sarà bene ricordarsi che le grazie e i gusti dell’orazione non sono acque della terra ma del cielo, e che perciò tutti i nostri sforzi non bastano a far cadere, benché sia necessario il disporsi con grandissima diligenza sì, ma sempre umile e tranquilla: bisogna tenere il cuore aperto verso il cielo, ed aspettare di là la celeste rugiada.

Di che dovete affannarvi se Gesù vuol farvi pervenire alla patria celeste per i deserti o per i campi, quando e per gli uni e per gli altri si perverrà lo stesso alla beata eternità? Allontanate da voi ogni soverchia preoccupazione che nasce dalle prove con le quali il buon Dio vuole visitarvi; e se ciò non è possibile, allontanatene il pensiero ed in tutto vivete rassegnati ai divini voleri.

La spirito di Dio è spirito di pace, ed anche nelle mancanze più gravi ci fa sentire un dolore tranquillo, umile, confidente, e ciò dipende appunto dalla sua misericordia.Lo spirito del demonio, invece, eccita, esaspera e ci fa provare, nello stesso dolore, quasi l’ira contro noi stessi, mentre invece la prima carità la dobbiamo appunto usare verso di noi. Quindi se alcuni pensieri ti agitano, questa agitazione non viene mai da Dio, che ti dona la tranquillità, essendo spirito di pace, ma dal diavolo.

Lo slancio di essere nella pace eterna è buono, è santo; ma bisogna moderarlo con la completa rassegnazione ai divini voleri: meglio fare il divin volere sulla terra che godere il paradiso. “Soffrire e non morire”, era il motto di santa Teresa. E’ dolce il purgatorio (in questa terra) quando si pena per amor di Dio…Devi piuttosto umiliarti davanti a Dio anziché abbatterti d’animo, se egli ti riserba le sofferenze del suo Figliuolo e vuol farti esperimentare la tua debolezza.
E la pazienza è maggiormente perfetta, quanto è meno mescolata di sollecitudine e di disturbi. Se il buon Dio vuole prolungare l’ora della prova, non vogliate lamentarvene ed investigarne il perché, ma tenete sempre presente questo che i figli di Israele stettero a viaggiare per quarant’anni nel deserto prima di mettere piede nella terra promessa.



Padre Pio

domenica 7 novembre 2010

EUROPA: Fede, cultura e laicità

È una tragedia che in Europa, soprattutto nel XIX secolo, si affermasse e diffondesse la convinzione che Dio è l’antagonista dell’uomo e il nemico della sua liberà. Con questo si voleva mettere in ombra la vera fede biblica in Dio, che mandò nel mondo suo Figlio Gesù Cristo perché nessuno muoia, ma tutti abbiano la vita eterna (cfr Gv 3,16).

Noi uomini non possiamo vivere nelle tenebre, senza vedere la luce del sole.
E, allora, com’è possibile che si neghi a Dio, sole delle intelligenze, forza delle volontà e calamita dei nostri cuori, il diritto di proporre questa luce che dissipa ogni tenebra? Perciò, è necessario che Dio torni a risuonare gioiosamente sotto i cieli dell’Europa; che questa parola santa non si pronunci mai invano; che non venga stravolta facendola servire a fini che non le sono propri. Occorre che venga proferita santamente. È necessario che la percepiamo così nella vita di ogni giorno, nel silenzio del lavoro, nell’amore fraterno e nelle difficoltà che gli anni portano con se.

L’Europa deve aprirsi a Dio, uscire all’incontro con Lui senza paura, lavorare con la sua grazia per quella dignità dell’uomo che avevano scoperto le migliori tradizioni: oltre a quella biblica, fondamentale a tale riguardo, quelle dell’epoca classica, medievale e moderna, dalle quali nacquero le grandi creazioni filosofiche e letterarie, culturali e sociali dell’Europa

L’Europa della scienza e delle tecnologie, l’Europa della civilizzazione e della cultura, deve essere allo stesso tempo l’Europa aperta alla trascendenza e alla fraternità con altri continenti, al Dio vivo e vero a partire dall’uomo vivo e vero. Questo è ciò che la Chiesa desidera apportare all’Europa: avere cura di Dio e avere cura dell’uomo, a partire dalla comprensione che di entrambi ci viene offerta in Gesù Cristo.

dall'omelia del Papa a Santiago de Compostela

domenica 31 ottobre 2010

IL CATTOLICO


Oggi, pultroppo, il mondo si sta sempre più paganizzando. Il paganesimo con la sua cultura e superstizione si sta diffondento a macchia d'olio.

Molti cattolici, pur prefessandosi tali, conoscono e praticano poco la fede cattolica.

Ma basta davvero definirsi cristiani per esserlo realmente? Niente affatto!

Il vero cattolico crede realmente a quello che insegna la sua fede e si sforza di mettere in atto i comandamenti ed insegnamenti di Gesù. Per questo motivo Gesù afferma: "Chi mi ama osserva la mia parola".

Noi cattolici non possiamo adeguarci al mondo, noi stiamo nel mondo ma non siamo del mondo.

Domani, noi cattolici, festeggiamo la festa di Ognissanti. La figura dei santi deve essere per noi un esempio di vita cristiana.

Orsù, dunque, incamminiamoci verso la strada delle virtù e della santità.

sabato 30 ottobre 2010

ETERNITA'

«E' venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l'inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore».
Benedetto XVI

giovedì 28 ottobre 2010

CROCIFISSO


"Che gran libro è il Crocifisso! E' maestro di tutte le virtù...Il Crocifisso è il libro più sapiente che tu possa leggere. Se tu conoscessi tutti gli altri libri, ma non conoscessi questo, rimarresti nell'ignoranza.
( Padre Francesco Bersini)

mercoledì 27 ottobre 2010

LA SANTITA'


Dice il papa:
[...] Giorno dopo giorno la Chiesa ci offre la possibilità di camminare in compagnia dei santi.

La loro esperienza umana e spirituale mostra che la santità non è un lusso, non è un privilegio per pochi, un traguardo impossibile per un uomo normale; essa, in realtà, è il destino comune di tutti gli uomini chiamati ad essere figli di Dio, la vocazione universale di tutti i battezzati.

La santità è offerta a tutti; naturalmente non tutti i santi sono uguali, e non necessariamente è un grande santo colui che possiede carismi straordinari.
Ce ne sono infatti moltissimi i cui nomi sono noti soltanto a Dio, perché sulla terra hanno condotto un’esistenza apparentemente normalissima. E proprio questi santi “normali” sono i santi abitualmente voluti da Dio.

Il loro esempio testimonia che, soltanto quando si è a contatto con il Signore, ci si riempie della sua pace e della sua gioia e si è in grado di diffondere dappertutto serenità, speranza e ottimismo.

martedì 26 ottobre 2010

Cattolici bambini


Caro Amico, noi siamo invitati da Gesù ad essere bambini - pena l'impossibilità di entrare nel Regno dei Cieli - perciò temiamo di definirci "adulti" come certuni - per giustificare la propria disobbedienza morale e dottrinale alla Chiesa - amano definirsi.L'amore al prossimo - poi- non significa, come oggi si usa fare,cedimento e concessione alcuna sul piano dottrinale. Chi resta fermo e irremovibile sulla dottrina - cioè il cattolico - è poi pronto ad accogliere con amore l'errante, ma mantenendo fermissima la condanna senza appello dell'errore. Per amore del prossimo, quindi, si deve dire e testimoniare la verità, non sottacerla. Oggi spesso si spaccia l'accettazione delle dottrine eretiche come amore per l'errante.L'amore per l'errante (l'eretico) implica, per noi cattolici, sempre l'accoglienza della sua persona ma la confutazione senza cedimenti della sua eresia.


Tratto dal blog di don Camillo

lunedì 25 ottobre 2010

La preghiera


Cari amici,
Alcuni mi scrivono lamentandosi che da tanto tempo chiedono delle grazie a Dio senza essere ascoltati. Sembra quasi che Dio sia sordo alle loro invocazioni. Ma Dio ascolta o non ascolta?
Dio ascolta sempre. Anzi, sa già ciò di cui noi abbiamo bisogno prima ancora che glielo chiediamo. A volte ci dà le grazie senza che le domandiamo. Ma noi non ci facciamo caso.
Dio ascolta sempre, ma non sempre interviene subito. "La Madonna ama farsi pregare" diceva la piccola Bernadette. Se intervenisse subito, smetteremmo di pregare. Dio ci ascolterebbe immediatamente, se non non cessassimo di pregare. La preghiera è il nutrimento dell'anima. Conservandoci nella preghiera, Dio ci fortifica nel cammino di santità.
Chiediamo a Dio con fiducia nella certezza che Lui provvederà secondo la sua sapienza e bontà. Non diamo ordini a Dio. Esponiamo i nostri bisogni e restiamo nella pace. Nessuna preghiera rimane inascoltata. In Cielo vedremo l'efficacia delle nostre preghiere che qui in terra sembravano inascoltate.
Tratto da: Lettere di padre Livio

giovedì 7 ottobre 2010

FALSE DEVOZIONI - i critici

Vi sono sette specie, a mio avviso, di falsi devoti e di false devozioni alla Santa Vergine: 1. i devoti critici: 2. i devoti scrupolosi; 3. i devoti esteriori; 4. i devoti presuntuosi; 5. i devoti incostanti; 6. i devoti ipocriti; 7. i devoti interessati.

I devoti critici sono di solito dei sapienti orgogliosi, spiriti forti e presuntuosi, che in fondo hanno una certa devozione alla Santa Vergine, ma criticano, perché contrarie al loro gusto, quasi tutte le pratiche di devozione che le persone semplici compiono semplicemente e santamente in onore di questa buona Madre. Essi mettono in dubbio tutti i miracoli e i racconti riferiti da autori degni di fede, o tratti dalle cronache degli ordini religiosi, che attestano le misericordie e il potere della Santissima Vergine. Con fatica tollerano la vista di persone semplici e umili inginocchiate a pregare Dio davanti a un altare o ad un'immagine della Santissima Vergine,o nell'angolo di una strada; le accusano perfino di idolatria, come se adorassero il legno o la pietra; sostengono che, per ciò che li riguarda, essi non amano affatto queste devozioni esteriori, e non sono cosi deboli di spirito da prestare fede a tanti racconti e storielle attorno alla Santa Vergine. Quando vengono loro riportate le lodi meravigliose che i Padri innalzano alla Santa Vergine, rispondono che si tratta di oratoria esagerata, oppure danno di quelle paroleuna falsa spiegazione.
Questa specie di falsi devoti e di gente superba e mondana sono molto da temere e fanno un torto infinito alla devozione alla Santissima Vergine: essi riescono ad allontanarne la gente, col pretesto di eliminarne gli abusi.

Tratto da: La vera devozione a Maria
di san Luigi Maria Grignion de Montfort

giovedì 20 maggio 2010

Amare, pregare, seguire

Amare il Signore non significa ardere di sentimento con il fuoco del momento, ma abbandono completo a Dio manifestando "l'obbedienza della fede" e prestando "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà". Ce lo insegna con la sua stessa vita Maria.

Pregare il Signore non significa dare a Dio l'indicazione di cosa deve fare, ma rimettergli un problema perché lo risolva secondo la sua volontà. Ce lo insegna con la sua stessa vita Maria.

Seguire il Signore non significa ricordarlo e interpellarlo solo e quando ne abbiamo bisogno, ma significa rispondere con tutto il proprio " io" umano, maschile/femminile e risceglierlo giorno dopo giorno. Ce lo insegna con la sua stessa vita Maria.


Tratto dal catalogo dell'editrice SHALOM

martedì 11 maggio 2010

Il Rosario

Dalla Lettera Apostolica DI

S.S. GIOVANNI PAOLO II

Rosarium Virginis Mariæ
1. Il Rosario della Vergine Maria, sviluppatosi gradualmente nel secondo Millennio al soffio dello Spirito di Dio, è preghiera amata da numerosi Santi e incoraggiata dal Magistero. Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell'intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all'esperienza della profondità del suo amore.

3. Recitare il Rosario, infatti, non è altro che contemplare con Maria il volto di Cristo. A dare maggiore rilevanza a questo invito … desidero che questa preghiera nel corso dell'anno venga particolarmente proposta e valorizzata nelle varie comunità cristiane. Proclamo, pertanto, l'anno che va dall'ottobre di quest'anno all'ottobre del 2003 Anno del Rosario.

6. A dare maggiore attualità al rilancio del Rosario si aggiungono alcune circostanze storiche. Prima fra esse, l'urgenza di invocare da Dio il dono della pace.
Analoga urgenza di impegno e di preghiera emerge su un altro versante critico del nostro tempo, quello della famiglia, cellula della società, sempre più insidiata da forze disgregatrici a livello ideologico e pratico, che fanno temere per il futuro di questa fondamentale e irrinunciabile istituzione e, con essa, per le sorti dell'intera società.

12. Il Rosario, proprio a partire dall'esperienza di Maria, è una preghiera spiccatamente contemplativa. Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano nell'orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina, e ne dischiudano le insondabili ricchezze.

19. Affinché il Rosario possa dirsi in modo più pieno 'compendio del Vangelo', è perciò conveniente che, dopo aver ricordato l'incarnazione e la vita nascosta di Cristo (misteri della gioia), e prima di soffermarsi sulle sofferenze della passione (misteri del dolore), e sul trionfo della risurrezione (misteri della gloria), la meditazione si porti anche su alcuni momenti particolarmente significativi della vita pubblica (misteri della luce). Questa integrazione di nuovi misteri, senza pregiudicare nessun aspetto essenziale dell'assetto tradizionale di questa preghiera, è destinata a farla vivere con rinnovato interesse nella spiritualità cristiana, quale vera introduzione alla profondità del Cuore di Cristo, abisso di gioia e di luce, di dolore e di gloria.

21. …Volendo indicare alla comunità cristiana cinque momenti significativi – misteri 'luminosi' – di questa fase della vita di Cristo, ritengo che essi possano essere opportunamente individuati: 1. nel suo Battesimo al Giordano, 2. nella sua auto-rivelazione alle nozze di Cana, 3. nell'annuncio del Regno di Dio con l'invito alla conversione, 4. nella sua Trasfigurazione e, infine, 5. nell'istituzione dell'Eucaristia, espressione sacramentale del mistero pasquale. Ognuno di questi misteri è rivelazione del Regno ormai giunto nella persona stessa di Gesù.
È mistero di luce innanzitutto il Battesimo al Giordano. Qui, mentre il Cristo scende, quale innocente che si fa 'peccato' per noi (cfr 2Cor 5, 21), nell'acqua del fiume, il cielo si apre e la voce del Padre lo proclama Figlio diletto (cfr Mt 3, 17 e par), mentre lo Spirito scende su di Lui per investirlo della missione che lo attende.
Mistero di luce è l'inizio dei segni a Cana (cfr Gv 2, 1-12), quando Cristo, cambiando l'acqua in vino, apre alla fede il cuore dei discepoli grazie all'intervento di Maria, la prima dei credenti.
Mistero di luce è la predicazione con la quale Gesù annuncia l'avvento del Regno di Dio e invita alla conversione (cfr Mc 1, 15), rimettendo i peccati di chi si accosta a Lui con umile fiducia (cfr Mc 2, 3-13; Lc 7, 47-48), inizio del ministero di misericordia che Egli continuerà ad esercitare fino alla fine del mondo, specie attraverso il sacramento della Riconciliazione affidato alla sua Chiesa (cfr Gv 20, 22-23).
Mistero di luce per eccellenza è poi la Trasfigurazione, avvenuta, secondo la tradizione, sul Monte Tabor. La gloria della Divinità sfolgora sul volto di Cristo, mentre il Padre lo accredita agli Apostoli estasiati perché lo ascoltino (cfr Lc 9, 35 e par) e si dispongano a vivere con Lui il momento doloroso della Passione, per giungere con Lui alla gioia della Risurrezione e a una vita trasfigurata dallo Spirito Santo.
Mistero di luce è, infine, l'istituzione dell'Eucaristia, nella quale Cristo si fa nutrimento con il suo Corpo e il suo Sangue sotto i segni del pane e del vino, testimoniando « sino alla fine » il suo amore per l'umanità (Gv 13, 1), per la cui salvezza si offrirà in sacrificio.

giovedì 6 maggio 2010

Come si fà il segno di Croce?

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.

Cristo salva l'uomo mediante la Croce. Ne salva l'anima ed il corpo conquistandoli al male. L'uomo, che segna il proprio corpo con la Croce in riferimento alla Passione di Cristo, offre a Dio la propria vita (anche fisica).
Il Segno della Croce non si definisce, non si interpreta, non si studia, men che meno si discute. E' personale, ad esso non si aderisce, nè serve manifestar consenso. O si fa, o non si fa. E se si fa Satana non ha scampo. Cristo ha campo libero vince e ci salva.

Se puoi, presenta bene il tuo corpo, tieni eretto il busto, poni in vita la mano sinistra, manifestando attenzione e rispetto. Prepara la mano destra sulla sinistra tendendola bene ed allineando le dita. Porta la mano destra sulla fronte, poggiandovi al centro il dito medio, e nomina il Padre.
Stacca la mano destra dalla fronte e con essa, segna verticalmente il tuo corpo, attraverso il cuore, fino alla mano sinistra che hai in vita. Lì fermati e nomina il Figlio.
Mantieni ferma la mano sinistra, porta la destra sulla testa dell'omero sinistro, nomina lo Spirito Santo mentri segni orizzontalemente, sempre con la destra, il tuo corpo, attraverso il cuore, fino alla testa dell'omero destro.
Riporta la mano destra in vita sulla sinistra e proferisci la parola Amen.

Tratto dal sito ALMA PREX

lunedì 3 maggio 2010

IL SANTO ROSARIO - parte terza

«La storia del Rosario mostra come questa preghiera sia stata
utilizzata specialmente dai Domenicani, in un momento difficile per la Chiesa a motivo del diffondersi dell'eresia.
Oggi siamo davanti a nuove sfide. Perché non riprendere in mano la Corona con la fede di chi ci ha preceduto?
Il Rosario conserva tutta la sua forza e rimane una risorsa non trascurabile nel corredo pastorale di ogni buon evangelizzatore».

Giovanni Paolo II - Rosarium Virginis Mariae - 16 Ottobre 2002
Tratto dal sito dei Domenicani del Rosario

venerdì 30 aprile 2010

IL SANTO ROSARIO - parte seconda

«Infatti, da quando tale forma di preghiera insegnata da San Domenico fu abbracciata e debitamente praticata dal popolo cristiano, cominciarono a rinvigorire la pietà, la fede e la
concordia, e furono dappertutto infrante le manovre e le insidie degli eretici.
Inoltre moltissimi erranti furono ricondotti sulla via della salvezza, e la follia degli empi fu schiacciata da quelle armi che i cattolici avevano impugnate per rintuzzare la violenza.
Infine, Gregorio XIII dichiarò che il "Rosario fu istituito da San Domenico per placare l'ira di Dio e per ottenere l'intercessione della Beata Vergine".
Il bisogno dunque del divino aiuto non è certamente minore oggi di quando il glorioso San Domenico introdusse la pratica del Rosario Mariano per guarire le piaghe della società.
Egli, illuminato dall'alto, vide chiaramente che contro i mali del suo tempo non esisteva rimedio più efficace che ricondurre gli uomini a Cristo, che è “via, verità e vita”, mediante la frequente meditazione della Redenzione, ed interporre presso Dio l'intercessione di quella Vergine a cui fu concesso di“annientare tutte le eresie”.

Papa Leone XIII - Supremi Apostolatus - 1 Settembre 1883
Tratto dal sito dei Domenicani del Rosario

mercoledì 28 aprile 2010

IL SANTO ROSARIO - parte prima

«Per superare più facilmente difficoltà di guerre e altre calamità sia corporali che spirituali, e potere così nella pace servire Dio con maggiore serenità e fervore, i Pontefici Romani e altri Santi Padri che ci hanno preceduto ebbero sempre la consuetudine di implorare l'aiuto di Dio e di assicurarsi l'intercessione dei Santi attraverso suppliche e preghiere litaniche, elevando, come Davide, gli occhi al cielo con la sicura speranza di riceverne gli aiuti promessi.

Su l'esempio di costoro e, come piamente si crede, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, in tempi simili ai nostri, il Beato Domenico, fondatore dell'Ordine dei Frati Predicatori, al quale abbiamo anche Noi appartenuto e del quale abbiamo professato la Regola, similmente operò. L'eresia albigese infatti, imperversava allora in gran parte della Francia e dell'Italia e aveva accecato talmente i laici, che questi si scagliavano furiosamente contro i sacerdoti di Dio e i chierici.

Il Beato Domenico, elevando gli occhi al cielo, li volse a quel dolce monte che è la gloriosa Vergine Maria, Madre di Dio, a colei che sola, col frutto del suo ventre, schiacciò il capo dello ambiguo serpente e distrusse tutte le eresie e salvò il mondo dannato per colpa dei nostri primi parenti...

Il B. Domenico inventò allora quel modo assai facile e pio e accessibile a tutti di pregare Dio, chiamato Rosario o Salterio della Beata Vergine Maria, che consiste nel venerare questa Beata Vergine ripetendo centocinquanta volte la salutazione angelica, secondo il numero dei salmi di Davide, interponendo ad ogni decina il Padre nostro e alcune determinate meditazioni, che illustrano tutta la vita del Signore Nostro Gesù Cristo.

Avendolo dunque inventato, il B. Domenico propagò ovunque nella Santa Chiesa cattolica questo modo di pregare e attraverso i suoi figli, i frati dell' Ordine, lo divulgò; esso fu accolto da molti e i fedeli che accolsero quella preghiera con fervore, accesi da quelle meditazioni, furono trasformati in altri uomini; le tenebre delle eresie indietreggiarono e la luce della fede cattolica si fece strada nuovamente.
I frati dell'Ordine, col mandato dei loro legittimi superiori, un po' dovunque istituirono le Associazioni del Rosario, alle quali molti fedeli si iscrissero.

Sulle orme dunque dei nostri Predecessori, anche Noi, vedendo questa Chiesa militante, che Dio ci ha affidato, agitata al presente da tante eresie e atrocemente dilacerata e afflitta dalla guerra e dalla depravazione morale degli uomini, eleviamo gli occhi pieni di lacrime, ma anche di speranza verso quella vetta benedetta (Maria), dalla quale discende ogni soccorso, e invitiamo tutti e singoli i fedeli, ammonendoli benevolmente nel Signore, a fare altrettanto».

S. Pio V - Consueverunt Romani Pontifices - 17 Settembre 1569
Enciclica del Papa tratta dal sito del Movimento Domenicano del Rosario

mercoledì 21 aprile 2010

La grazia della penitenza

Cari amici,
in quest'anno sacerdotale, provvidenzialmente dedicato alla santificazione dei sacerdoti, dobbiamo sentire il bisogno di unirci a tutta la Chiesa nella preghiera per questa intenzione. Abbiamo bisogno di santi sacerdoti e di una nuova fioritura di vocazioni sacerdotali.
In questi giorni, in cui tanti fatti dolorosi sono venuti alla luce, il Santo Padre ci invita, con accenti accorati, alla penitenza e alla conversione:
" Noi oggi abbiamo spesso un po' paura di parlare della vita eterna. Parliamo delle cose che sono utili per il mondo, mostriamo che il cristianesimo aiuta anche a migliorare il mondo, ma che la sua meta sia la vita eterna non osiamo dirlo".
In tale prospettiva "La penitenza è una grazia. Devo dire che noi cristiani abbiamo spesso evitato la parola penitenza, che ci è apparsa troppo dura. Adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter fare penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita. Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perchè é rinnovamento, è opera della divina misericordia". (Omelia del Papa di Giovedi 15 Aprile 2010)


Tratto dalla lettera di padre Livio

venerdì 16 aprile 2010

L' essenziale

Potete così comprendere la preoccupazione del Successore di Pietro per tutto ciò che può offuscare il punto più originale della fede cattolica: oggi Gesù Cristo continua a essere vivo e realmente presente nell'ostia e nel calice consacrati.

La minore attenzione che a volte si presta al culto del Santissimo Sacramento è indice e causa dell'oscuramento del significato cristiano del mistero, come avviene quando nella Santa Messa non appare più preminente e operante Gesù, ma una comunità indaffarata in molte cose, invece di essere raccolta e di lasciarsi attrarre verso l'Unico necessario: il suo Signore.

Ora l'atteggiamento principale e fondamentale del fedele cristiano che partecipa alla celebrazione liturgica non è fare, ma ascoltare, aprirsi, ricevere... È ovvio che, in questo caso, ricevere non significa restare passivi o disinteressarsi di quello che lì avviene, ma cooperare - poiché di nuovo capaci di farlo per la grazia di Dio - secondo "la genuina natura della vera Chiesa. Questa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; tutto questo, in modo tale, però, che ciò che in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura, verso la quale siamo incamminati" (Sacrosanctum Concilium, n. 2).

Se nella liturgia non emergesse la figura di Cristo, che è il suo principio ed è realmente presente per renderla valida, non avremmo più la liturgia cristiana, completamente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza creatrice.

Quanto sono distanti da tutto ciò coloro che, a nome dell'inculturazione, incorrono nel sincretismo introducendo nella celebrazione della Santa Messa riti presi da altre religioni o particolarismi culturali (cfr Redemptionis Sacramentum, n. 79)! Il mistero eucaristico è un "dono troppo grande - scriveva il mio venerabile predecessore Papa Giovani Paolo II - per sopportare ambiguità e diminuzioni", in particolare quando, "spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno" (Ecclesia de Eucharistia, n. 10).
Alla base delle varie motivazioni addotte, vi è una mentalità incapace di accettare la possibilità di un reale intervento divino in questo mondo in soccorso dell'uomo. Questi, tuttavia, "si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si senta come incatenato" (Costituzione Gaudium et spes, n. 13).
La confessione di un intervento redentore di Dio per cambiare questa situazione di alienazione e di peccato è vista da quanti condividono la visione deista come integralista, e lo stesso giudizio è dato a proposito di un segnale sacramentale che rende presente il sacrificio redentore. Più accettabile, ai loro occhi, sarebbe la celebrazione di un segnale che corrispondesse a un vago sentimento di comunità.

Il culto però non può nascere dalla nostra fantasia; sarebbe un grido nell'oscurità o una semplice autoaffermazione. La vera liturgia presuppone che Dio risponda e ci mostri come possiamo adorarlo.
"La Chiesa può celebrare e adorare il mistero di Cristo presente nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce" (Esortazione apostolica Sacramentum caritatis, n. 14). La Chiesa vive di questa presenza e ha come ragion d'essere e di esistere quella di diffondere tale presenza nel mondo intero.

Brano tratto dal discorso del Papa
Benedetto XVI ai vescovi brasiliani
15 Aprile 2010

lunedì 12 aprile 2010

Come lo svegliarsi da un sogno

«Quid prodest homini, si mundum universum lucretur, animæ vero suæ detrimentum patiatur?» (Mt 16,26). O massima grande, che ha inviato tante anime in Cielo, e ha dato tanti Santi alla Chiesa! A che cosa serve guadagnarsi tutto il mondo che finisce e poi perdere l’anima che è eterna?
Mondo! E che cosa è questo mondo, se non un’apparenza, una scena di commedia, che presto passa? «Præterit figura huius mundi» (1Cor 7,31).
Viene la morte, si cala il panno, si chiude la scena, ed ecco è finita ogni cosa. Ahimé in punto di morte, al lume di quella candela, come compariranno ad un cristiano le cose del mondo? Quei vasi d’argento, quel denaro accumulato, quei mobili ricchi e vani, quando tutto deve lasciare?

Gesù mio, fate che l’anima mia da oggi in poi sia tutta vostra: fate che io non ami altri che voi. Voglio staccarmi da tutto, prima che me ne stacchi a forza la morte. Dice santa Teresa: «Non si deve tener conto di ciò che finisce». Procuriamoci dunque quella fortuna che non finisce col tempo.

A che cosa serve l’esser felice per pochi giorni (se mai potesse dirsi vera felicità, senza Dio), a chi poi dovesse essere infelice per sempre? Dice Davide che tutti i beni terreni in morte sembreranno come un sogno di chi si sveglia: «Velut somnium surgentium» (Sal 72,20). Che pena sente chi ha sognato d’esser fatto re e poi svegliandosi si ritrova povero qual era?

Mio Dio, chi sa se questa meditazione che leggo, è l’ultima chiamata per me? Datemi forza di togliere dal mio cuore tutti gli affetti di terra, prima che da questa terra io parta. E fatemi conoscere il gran torto che vi ho fatto nell’offendervi e nel lasciar voi per amor delle creature. «Pater non sum dignus vocari filius tuus» (Lc 15,21). Mi pento d’avervi voltato le spalle, non mi cacciate via ora che ritorno a voi.In punto di morte non consolano un cristiano gli offici decorosi esercitati, non le pompe, non le ricchezze, non i divertimenti presi, non i puntigli superati; lo consoleranno solo l’amore portato a Gesù Cristo e quel poco che ha patito per suo amore.

Filippo II morì dicendo: «Oh! Fossi stato laico d’una religione, e non già re!». Filippo III morendo diceva: «Oh! Fossi vissuto in un deserto, perché ora comparirei con più confidenza al tribunale di Dio!». Così parlano in morte quelli che sono stimati i più fortunati della terra. Insomma tutti gli acquisti delle cose terrene nell’ora della morte terminano con rimorsi di coscienza e terrori della dannazione eterna. “Oh Dio – dirà quella persona –, io ho avuto tanta luce per distaccarmi dal mondo, ma con tutto ciò ho seguito il mondo e le massime del mondo: ed ora quale sarà la sentenza che mi sarà data!”. Dirà: “Oh pazzo che sono stato! Potevo farmi santo con tanti mezzi e comodità che ho avuto! Potevo fare una vita felice unita con Dio: ed ora cosa mi trovo della vita fatta?”. Ma ciò quando lo dirà? Quando sta già per chiudersi la scena, per entrar nell’eternità, vicino a quel gran momento, da cui dipende l’esser beato o disperato per sempre.

Signore, abbiate pietà di me. Per il passato non vi ho saputo amare. Da oggi in poi voi sarete l’unico mio bene: «Deus meus et omnia!». Voi solo meritate tutto il mio amore, voi solo voglio amare. Oh, grandi del mondo, ora che state nell’inferno, cosa vi trovate delle ricchezze e dei vostri onori? Rispondono piangendo: “Niente, niente; altro non troviamo che tormenti e disperazione. Tutto è passato, ma la nostra pena non finirà mai”. [...]. In punto di morte è il tempo della verità: allora si riconoscono le cose di questa terra tutte per vanità, fumo, cenere, quali sono. O mio Dio, quante volte vi ho abbandonato per niente! Non avrei ardire di sperar perdono, se non sapessi che voi siete morto per perdonarmi. Ora vi amo sopra ogni cosa e stimo la vostra grazia più di tutti i regni del mondo.La morte si chiama ladro: «Dies illa tanquam fur» (1Ts 5,4). Perché ella ci spoglia di tutto: di cose, di bellezza, di dignità, di parenti, anche della nostra pelle. Il giorno della morte si chiama ancora il giorno delle perdite: «Dies perditionis» (Dt 32,35). Allora abbiamo da perdere tutti gli acquisti fatti e tutte le speranze di questo mondo.

Gesù mio, non mi preoccupo di perdere i beni della terra; basta che non perda voi, bene infinito

Scritto da Sant' Alfonso M. de Liguori
Brano tratto dal Settimanale di P. Pio

martedì 2 marzo 2010

Il settimo mezzo per salvarsi: LA DEVOZIONA MARIANA

Poiché tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo, la più perfetta di tutte le devozioni è senza dubbio quella che ci conforma, unisce e consacra in modo più perfetto a Gesù Cristo.
Ora, poiché fra tutte le creature Maria è la più conforme a Gesù Cristo, ne consegue che fra tutte le devozioni quella che consacra e conforma di più un' anima a Nostro Signore è la devozione alla Santissima Vergine, sua santa Madre, e che più un'anima sarà consacrata a Maria, più lo sarà a Gesù Cristo.
Bisogna ora stabilire brevemente la vera devozione a Maria che è: interiore, tenera, santa, costante, disinteressata.

La vera devozione alla Santa Vergine è innanzitutto interiore, parte cioè dallo spirito e dal cuore, viene dalla stima che si ha per la Santa Vergine.

La vera devozione alla Santa Vergine è tenera, cioè piena di fiducia nella Santissima Vergine, come quella di un bimbo nella sua buona madre.

La vera devozione alla Santa Vergine è santa, cioè conduce un'anima a evitare il peccato e a imitare le virtù della Santissima Vergine.

La vera devozione alla Santa Vergine è costante, conferma un'anima nel bene e la porta a non abbandonare con facilità le pratiche di devozione; la rende coraggiosa nell'opporsi al mondo con le sue mode e le sue massime, alla carne, con le sue sollecitazioni e le sue passioni; al demonio, con le sue tentazioni.

Infine, la vera devozione alla Santa Vergine è disinteressata, cioè ispira all'anima di non cercare se stessa, ma Dio solo nella sua santa Madre.

Brani tratti da: La vera devozione
di San Luigi Maria Grignion de Montfort

martedì 9 febbraio 2010

Il sesto mezzo per salvarsi: LA PREGHIERA

Poiché la preghiera illumina l'intelletto con la luce di Dio e scalda il cuore con l'amore celeste, nulla eguaglia il purificare l'intelletto dall'ignoranza e il cuore dagli affetti disordinati; è un'acqua di benedizione che fa rinverdire e rifiorire le piante dei nostri buoni desideri, purifica le anime dalle imperfezioni e attenua nei cuori le passioni.

Ma più di ogni altra cosa, ti consiglio l'orazione mentale, che impegna il cuore a meditare sulla vita e la Passione di nostro Signore. Se lo contempli spesso nella meditazione, il cuore e l'anima si riempiranno di lui; se consideri il suo modo di agire, prenderai le sue azioni a modello delle tue.

Ogni giorno consacra all'orazione un'ora prima del pranzo, perchè lo spirito sarà più libero e più fresco dopo il riposo della notte. Mai più di un'ora, se non per espresso consiglio del tuo padre spirituale.

Se ti è possibile, compi questo esercizio in chiesa; vi troverai comodità e discreta tranquillità, perché quivi né il padre, né la madre, né la moglie, né il marito, né qualunque altro potrà impedirti di rimanere in pace per un'ora, mentre a casa, con tutti gli impegni, sarebbe problematico rimanere in pace per un'ora.

Inizia ogni orazione, sia mentale che vocale, mettendoti alla presenza di Dio; sii fedele a questo principio senza eccezioni, e, in breve, ti accorgerai del profitto che te ne viene.

Dirai il Padre nostro, l'Ave Maria e il Credo in latino; ma imparerai nella tua lingua il significato delle parole che dici, affinché pur nel linguaggio comune della Chiesa, tu sia in grado di assaporare il senso meraviglioso e delizioso di queste preghiere. Concentra profondamente la mente sul loro significato, provocando reazioni nei tuoi affetti; non andare in fretta per dirne molte, ma recita quelle che dici con il cuore. Un solo Padre nostro, detto con sentimento, vale più di molti recitati in fretta e di corsa.

Il Rosario è un modo molto utile di pregare, purchè tu sappia dirlo: per questo devi avere qualche libretto che te lo insegni. E' cosa buona anche dire le Litanie del Signore, della Madonna, dei Santi e tutte le altre preghiere che puoi trovare nei Manuali approvati e nel libro delle Ore; ma a un patto: se hai il dono dell'orazione mentale, conservale il primo posto; se dopo quella, o a causa degli affari o per altri motivi, non puoi fare preghiere vocali, non devi preoccupartene. Accontentati di dire, prima e dopo la meditazione, il Padre nostro, l'Ave Maria e il Credo.

Se mentre sei impegnata nell'orazione vocale, senti il cuore attirato all'orazione interiore o mentale, non resistere; lascia dolcemente scivolare il tuo spirito e non darti pensiero perchè non hai finito le orazioni vocali che ti eri proposta; l'orazione mentale è più gradita a Dio e più utile alla tua anima.

Se trascorri tutta la mattinata senza fare orazione mentale a causa degli affari o di qualche altro motivo ( però fa il possibile perché questo non capiti mai), rimedia al pomeriggio, possibilmente lontano dai pasti, perché se dovessi fare orazione in piena digestione, finiresti per assopirti e oltrettutto recheresti anche danno alla salute.
Se poi non riesci a fare orazione nel corso della giornata, rimedia al vuoto moltiplicando le orazioni giaculatorie, leggendo qualche passo di un libro di devozione, facendo qualche penitenza che elimini il difetto e prendi una ferma risoluzione di rimetterti in carreggiata il giorno dopo.

Tratto da: Filotea
di San Francesco di Sales

sabato 6 febbraio 2010

Il quinto mezzo: visite al SS.Sacramento ed a Maria

Il quinto mezzo è far visita ogni giorno al SS. Sacramento, ed a Maria innanzi a qualche sua immagine.
Gesù Cristo mette le sue delizie nello stare con noi. Egli dimora nei tabernacoli per ascoltare le nostre preghiere, per provvedere ai nostri bisogni, per consolarci sempre colla sua presenza.
Che ingratitudine, che mostruosità dimenticarci di Lui cosi umiliato e cosi impegnato per noi.
S. Francesco Regis quando trovava chiusa la chiesa, consolavasi di poter trattenersi genuflesso al di fuori, esposto all'acqua ed alla neve, ad adorar da lontano Gesù Cristo sacramentato. S. Francesco Saverio passava dinnanzi all'altare le notti intere. Diceva il B Errico Susone, che Gesù Cristo sacramentato sugli altari esaudisce più che altrove le orazioni dei fedeli.
Visitate adunque ogni giorno il SS. Sacramento, quindi fate la visita a Maria SS. dinanzi a qualche sua immagine. Maria, dice Andrea Cretense, ricompensa con grandi favori i minimi ossequi che le si fanno. Chi ritrova me, si dice nella Sapienza, ritroverà la vita, ed avrà la salute dal Signore.

Tratto da un manuale di devozione

venerdì 5 febbraio 2010

Il Sacramento dell'amore

Gesù ci ama tanto da stabilire la sua dimora in mezzo a noi: mediante l’Eucaristia, abita nelle nostre chiese, vicino alle nostre case, giorno e notte, chiamandoci e aspettandoci per ricolmarci di grazie, di conforto, di favori celesti. Va ripetendo: "Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati e Io vi ristorerò". Una lampada piccola, ma che è il faro più potente del mondo, ce lo indica, e con la sua luce tremolante pare ci ripeta le belle parole di Victor Hugò:
"Venite a Lui, voi che piangete tanto;
sanno quegli occhi suoi che cos’è il pianto.
Venite a Lui, voi che tanto soffrite:
sa quel suo Cuore tutte le ferite.
Venite a Lui voi che passate in fretta.
Egli mai s’allontana e sempre aspetta".

S. Elisabetta, Regina d’Ungheria, patrona delle francescane secolari, fin dai 4 anni cominciò a fare tante visite ogni giorno a Gesù Sacramento.

Don Bosco raccomandava: "Non omettete mai la visita quotidiana... È un mezzo troppo necessario per vincere il demonio".

S. Francesco di Sales ripeteva: "Centomila volte al giorno noi dovremmo visitare Gesù nel SS. Sacramento".

E S. Alfonso osava ripetere: "Siate certi che di tutti gli istanti della vostra vita, il tempo che passate davanti al Divin Sacramento sarà quello che vi darà più forza durante la vita, più consolazione nell’ora della morte e più gloria per l’eternità.

Christus Veritas

giovedì 4 febbraio 2010

La Croce


"La Passione di Cristo occupa un posto essenziale nel Vangelo.
E' diffusa una tendenza a tenerne chiuse le pagine che documentano il tragico epilogo della breve vita temporale di Gesù; sono pagine conturbanti.
Si vorrebbe un Vangelo più sereno, più facile, più comodo, più conforme al nostro fortissimo istinto e al nostro abilissimo studio di togliere dalla vita il dolore e, primo fra tutti, il dolore volontario, cioè il sacrificio.
Che cosa sarebbe un Vangelo, cioè un Cristianesimo senza Croce, senza il dolore, senza il sacrificio di Gesù? Sarebbe un Vangelo, un Cristianesimo senza la redenzione, senza la salvezza, della quale, qui dobbiamo riconoscerlo con spietata sincerità, abbiamo assoluto bisogno.
Il Signore ci ha salvato con la croce; ci ha ridato la speranza, il diritto alla vita con la sua morte.
Non possiamo onorare Cristo, se non lo riconosciamo nostro Salvatore; e non lo possiamo riconoscere nostro Salvatore, se non onoriamo il mistero della sua croce".

Paolo VI

mercoledì 3 febbraio 2010

Il quarto mezzo per salvarsi: LA MESSA


Il quarto mezzo per salvarsi è udire la Messa ogni mattina.
Fra le tante devozioni che può professare il cristiano, quella di udire la Messa è la regina di tutte.
Quattro sono gli obblighi che noi abbiamo con Dio: 1 Di adorare la sua maestà; 2 di ringraziarlo dei beneficii che ci ha impartiti: 3 di soddisfare la sua giustizia per i peccati con cui l'abbiamo offeso: 4 di impetrare le grazie che ci sono necessarie per la salute. Ad adempiere questi quattro doveri furono ordinati nella legge antica diversi sacrifici; ma S. Paolo protesta ch'essi erano insufficenti all'umano bisogno, giacchè tutto il sangue degli agnelli e dei tori svenati non poteva cancellare alcun peccato per quanto leggero esso fosse.
Ma dacchè Gesù Cristo nella nuova alleanza si fece ostia di propiziazione per la comune salvezza, il sacrificio da lui compiuto personalmente sul Calvario, e per suo ordine rinnovato dai sacerdoti nella sua Chiesa, supplisce all'antico difetto e compie a meraviglia tutt' i doveri che noi abbiamo con Dio, essendo lo stesso Gesù Cristo che in nostra vece adora la divina maestà, ringrazia la divina beneficenza, implora la divina misericordia e impetra la divina pietà.
Quindi con una Messa noi diamo più onore a Dio che non gli danno tutti gli Angeli e i Santi del paradiso.
Bisogna però ricordarsi che non basta assistere materialmente alla Messa, ma bisogna starvi colla debita riverenza come stettero Giovanni e Maria sul Calvario assistendo alla crocifissione e alla morte del divin Redentore.
Non siate adunque di quelli che si vergognano di piegare entrambe le ginocchia, di tenere gli occhi raccolti e di pregare fervorosamente.
Chi è dissipato e parla e scherza ora coll'uno ora coll'altro nel tempo dei santi misteri, come imita i Giudei che deridevano Gesù Cristo nel Pretorio e sul Calvario, cosi deve temere il loro indurimento, la loro riprovazione. Di costoro, dice S. Ambrogio, che entrano in chiesa con pochi peccati, e ne escono macchiati di molti.
Mentre pregate colla bocca, state uniti a Dio coi pensieri della vostra fede nella sua presenza, col conservare in tutta la vostra persona una religiosa compostezza. In modo particolare fate attenzione all'Offertorio, la Consacrazione e la Consumazione, che sono le parti principali, costituenti l'essenza del sacrificio in tutto uguale a quello della croce, colla sola differenza che questo è senza spargimento di sangue.

Tratto da un manuale di devozione

martedì 2 febbraio 2010

Santi e Eucarestia


“Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi, e il cielo esulti, quando sull'altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e degnazione stupenda”!

San Francesco d'Assisi
Fonti Francescane, Lettera a tutto l’Ordine, Cap. 2, paragr. 221


“Pertanto scongiuro tutti voi, fratelli, baciandovi i piedi e con tutto l’amore di cui sono capace, che prestiate, per quanto potete, tutta la riverenza e tutto l’onore al Santissimo Corpo e Sangue del Signore Nostro Gesù Cristo, nel quale tutte le cose che sono, in Cielo e in terra, sono state pacificate e riconciliate a Dio Onnipotente”.

San Francesco d'Assisi
Fonti Francescane, Lettera a tutto l’Ordine, Cap. 1, paragr. 217


“Chi non mangia la Sua carne e non beve il Suo sangue, non può entrare nel regno di Dio. Lo deve però mangiare e bere degnamente, poichè chi lo riceve indegnamente, mangia e beve la sua condanna, non discernebdo il corpo del Signore, cioè non distinguendolo dagli altri cibi”.

San Francesco d'Assisi
Fonti Francescane, Lettera ai fedeli,
Seconda recensione, Cap. 4°, Par. 189


“In ogni predica che fate, ricordate al popolo di fare penitenza e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il Santissimo Corpo e Sangue del Signore, e che quando è sacrificato dal Sacerdote sull’Altare, o viene portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Iddio vivo e vero”.

San Francesco d'Assisi
Fonti Francescane, Prima Lettera ai custodi, Paragrafo 243


“Ho un tale desiderio della S. Comunione che, se fosse necessario camminare a piedi nudi sopra una strada di fuoco per giungervi, lo farei con indicibile gioia”.

S. Margherita Maria Alacoque

“Nel giorno del Signore, riunitevi, spezzate il pane e rendete grazie, dopo aver confessato i vostri peccati, perché il vostro sacrificio sia puro.
Chiunque invece ha qualche discordia con il suo compagno, non si raduni con voi prima che si siano riconciliati, perché non sia profanato il vostro sacrificio. Il Signore infatti ha detto: In ogni luogo e in ogni tempo mi si offra un sacrificio perfetto, perché un grande Re sono io, dice il Signore, e mirabile è il mio nome fra le genti”.

Didachè dei Dodici Apostoli,
Cap. XIV 1-3


“Ognuno comprende che la divina Eucaristia conferisce al popolo cristiano incomparabile dignità. Giacché non solo durante l’offerta del Sacrificio e l'attuazione del Sacramento, ma anche dopo, mentre l’ Eucaristia è conservata nelle chiese e negli oratori, Cristo è veramente l'Emmanuel, cioè il « Dio con noi ». Poiché giorno e notte è in mezzo a noi, abita con noi pieno di grazia e verità:(68) restaura i costumi, alimenta le virtù, consola gli afflitti, fortifica i deboli, e sollecita alla sua imitazione tutti quelli che si accostano a lui, affinché col suo esempio imparino ad essere miti e umili di cuore, e a cercare non le cose proprie, ma quelle di Dio”.

Paolo VI

“Sebbene noi siamo molti nel numero, noi siamo un sol pane, un sol corpo per lo stesso pane di cui tutti siamo partecipi; e l’effetto della partecipazione del corpo e del sangue di Cristo non è altro che la nostra trasformazione in Lui”.

San Leone Magno,
Sermoni, 63; Migne, P.L. t.54, col. 357
.


“Egli è uno, noi siamo molti: Egli è uno e noi siamo uno in Lui”. “Noi siamo uno, perché Cristo è uno e noi siamo le sue membra”. “Non dire, che egli è uno e noi siamo molti, ma dì piuttosto che, sebbene noi siamo molti, siamo uno in Lui che è uno”.

San Augusto,
In Ps., Migne


“In questo Sacramento il Signore si fa cibo per l'uomo affamato di verità e di libertà. Poichè solo la verità può renderci liberi davvero, Cristo si fa per noi cibo di Verità”.

Benedetto XVI
Sacramentum caritatis, n.2

lunedì 1 febbraio 2010

Sulla riverenza del corpo del Signore


Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguar­do al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte che santificano il corpo. Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola. Niente infatti possediamo e vediamo corporalmen­te in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il cor­po e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali sia­mo stati creati e redenti «da morte a vita».

Tutti coloro, poi, che amministrano così san­ti misteri, considerino tra sé, soprattutto chi li ammini­stra illecitamente, quanto siano miserandi i calici, i cor­porali e le tovaglie sulle quali si compie il sacrificio del corpo e del sangue di lui. E da molti viene collocato e lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato agli altri senza discrezione.

Anche i nomi e le parole di lui scritte talvol­ta vengono calpestate, poiché «l’uomo carnale non comprende le cose di Dio». Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si conse­gna nelle nostre mani e noi l’abbiamo a nostra disposi­zione e ce ne comunichiamo ogni giorno? Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani? Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci; e ovunque troveremo il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collo­cato e lasciato in modo illecito, sia rimosso di là e posto e custodito in un luogo prezioso. Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso. Queste cose sono tenuti ad osservarle fino alla fi­ne, più di qualsiasi altra cosa, tutti i chierici. E quelli che non faranno questo, sappiano che dovranno rendere «ragione» davanti al Signore nostro Gesù Cristo «nel giorno del giudizio». E coloro che faranno ricopiare questo scritto, perché esso sia meglio osservato, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.

San Francesco di Assisi

lunedì 25 gennaio 2010

La comunione frequente


Il Salvatore ha istituito l'Eucarestia, che contiene realmente la sua Carne e il suo Sangue, affinché chi ne mangia viva eternamente. Ecco perché, chiunque vi ricorre spesso con devozione, rinforza talmente la salute e la vitalità dell'anima che è quasi impossibile che rimanga avvelenata dai cattivi affetti.
"Io non lodo e non biasimo il fatto di ricevere la comunione eucaristica tutti i giorni; ma consiglio ed esorto ciascuno a fare la comunione tutte le Domeniche, purché lo spirito non abbia affetti al peccato"; sono parole di sant' Agostino, al quale mi assoccio non biasimando e non lodando chi fà la comunione tutti i giorni, lascio la decisione su questo punto alla discrezione del padre spirituale.
Infatti le disposizioni per accostarsi cosi di frequente alla santa comunione devono essere di un alto livello di perfezione, per cui non è opportuno dare in materia un parere generico.
D'altra parte, siccome tali disposizioni possono trovarsi in molte anime buone, non è nemmeno bene distoglierle e dissuaderle. Va deciso dopo aver preso in esame lo stato interiore di ciascuno.
Tuttavia affermo con certezza che la massima distanza tra una comunione e l'altra non deve superare il mese, almeno in quelli che intendono servire Dio devotamente.
Devo aggiungere una parola per la gente sposata. Dio, nell'antica legge, trovava cosa fatta male che i creditori esigessero il loro debito nei giorni di festa; ma non se l'aveva a male se il debitore pagava e rendeva il debito a chi lo esigeva. E' cosa poco conveniente, benché non sia un grande peccato, chiedere la soddisfazione del debito coniugale nel giorno in cui si è fatta la comunione; ma non è sconveniente renderlo, anzi direi che è meritorio.
Quando alle malattie corporali non c'è ne alcuna che impedisca questa santa partecipazione, eccetto quelle che causano vomito molto frequente.
Per fare la comunione ogni otto giorni occorre non avere peccati mortali e non avere affetto ai peccati veniali, e avere un grande desiderio di fare la comunione. Ma per fare la comunione tutti i giorni, oltre a ciò, bisogna aver superato la maggior parte delle cattive inclinazioni ed avere il parere favorevole del padre spirituale.

Tratto da: Filotea
di san Francesco di Sales

giovedì 14 gennaio 2010

Il padre Spirituale

Vuoi camminare verso la devozione con sicurezza? Trova una guida spirituale che ti accompagni; è la raccondazione più importante.
Cara Filotea, prega Iddio con grande insistenza, che ti provveda un padre spirituale secondo il suo cuore; e poi non dubitare: ti manderà una guida capace e fedele.
Quando l'avrai trovato, non fermarti a stimarlo come uomo, e non riporre la fiducia nelle sue capacità umane, ma in Dio soltanto, che ti incoraggerà e ti parlerà tramite quell'uomo.
Devi riporre in lui una fiducia senza limiti, con un grande rispetto, ma in modo che il rispetto non diminuisca la fiducia e la fiducia non tolga il rispetto.
In conclusione la vostra deve essere un'amicizia forte, dolce, santa, sacra, degna di Dio, divina, spirituale.
"A tal fine, scegline uno tra mille", dice Avila; io ti dico, uno tra diecimila, perché se ne trovano pochissimi capaci di tale compito. Deve essere ricco di carità, di scienza e di prudenza; se manca una di queste tre qualità, c'è pericolo.
Chiedilo a Dio e, una volta che l'hai trovato, benedici la sua divina Maestà, fermati a quello e non cercarne altri; ma avviati, con semplicità, umiltà e confidenza; il tuo sarà un viaggio felice.

Tratto da: Filotea
di San Francesco di Sales

mercoledì 13 gennaio 2010

Il terzo mezzo per salvarsi: I SACRAMENTI

Il terzo mezzo per salvarsi è la frequenza ai sacramenti della Confessione e Comunione. Con la Confessione si mantiene l'anima purgata da ogni peccato, s'indeboliscono gli abiti cattivi, si acquista la forza neccessaria a combattere tutte le tentazioni.
Pretendere di avanzarsi nella perfezione senza confessarsi con gran frequenza, è un pretendere di volare senza ali. Abbiate dunque uno stabile confessore a cui confidare tutti i segreti della vostra coscienza senza doppiezza e simulazione.
Confessatevi da lui, se v'è possibile, ogni settimana, e non cambiate senza un gran motivo.

Tratto da un manuale di devozione

martedì 12 gennaio 2010

Il secondo mezzo per salvarsi: LA MEDITAZIONE

Gli uomini hanno una condotta cosi diversa dalle massime della credenza, perché non meditano mai le verità, che pur credono.
Una solo massima del Vangelo ben meditata fece risolvere S. Antonio a lasciare il mondo e ritirarsi nel deserto. Fù per mezzo della meditazione che divenne tutto di Dio S. Francesco Saverio, e passo dalla dissipazione al raccoglimento, dalla rilassatezza all'esercizio della perfezione più sublime la celebre monaca di Roma suor Maria Bonaventura.
E' nella meditazione ove Dio ci dà con più abbondanza i suoi lumi e le sue grazie, per cui noi conosciamo i nostri difetti, e risolviamo correggerli; i nostri doveri, e proponiamo adempierli; le virtù che ci mancano, e ci animiamo ad acquistarle.
Proponetevi dunque di fare ogni giorno o la mattina o la sera, ma sarà meglio la mattina, un quarto d'ora di meditazione.
Se non sapete farla altrimenti, fatela leggendo e considerando un qualche libro devoto che parli della verità della fede, della vita di Gesù Cristo, e specialmente della sua Passione.
Non lasciate dunque passare giorno senza leggere almeno per un quarto d'ora qualche libro di spirito. Sono ottimi a questo intento:
La dottrina di San Giovanni della Croce dello Scaramelli,
L'imitazione di Cristo,
Filotea di San Francesco di Sales,
Il combattimento spirituale dello Scupoli ecc..

Tratto da un manuale di devozione

domenica 10 gennaio 2010

Il primo mezzo per salvarsi

Il primo mezzo per salvarsi è la FUGA DALLE OCCASIONI.
Chi ama il pericolo, dice lo Spirito Santo, in quello perirà.
Chi più santo di David, chi più savio di Salomone, chi di Sansone più forte? Eppure tutti sono caduti per non aver fuggite le occasioni.
Il Vangelo protesta, che dobbiamo esser pronti a troncarci le mani e i piedi, a cavarci gli occhi da fronte e gettarli lontano da noi, cioè a rinunciare alle cose più preziose e alle persone più care quando ci servono d'inciampo.
Non vale il dire che la persona con cui si ha troppa confidenza è santa: le persone sante, dice san Tommaso,allettano più facilmente. Il demonio ci fà prima di tutto amar la virtù, poi ci fà amare la persona, quindi ci accieca e ci precipita.
Bisogna, dunque, star sempre vigilanti per fuggire tutto quello che può essere pericoloso.
E' vero che il distaccarci da certe persone, il tenerci lontani da certi luoghi, il rinunciare a certe cose ci costerà molto, ma il Vangelo protesta che non si salverà se non chi avrà fatto violenza a se stesso. Tutti i patimenti del mondo non hanno alcuna proporzione con la beatitudine eterna.

Tratto da un manuale di devozione