martedì 13 dicembre 2011

L'Immacolata Concezione

In questi giorni abbiamo festeggiato l'Immacolata Concezione, ma cosa vuol dire?

L'mmacolata Concezione significa che Dio in Maria ha fatto si che mai potesse esserci la benchè minima macchia di peccato.
Per uno speciale privilegio della grazia, Dio ha preservato la sua Madre dal contagio della colpa originale. Un singolare privilegio in vista dei meriti di Cristo, dei meriti della Redenzione.

Cristo ha redento sua Madre in modo unico, facendo si che mai cadesse in peccato, che non venisse contaminata dall'ombra, dalla macchia del peccato. Perchè?
Perchè quella Donna, quella Madre, quella Vergine doveva essere la Madre del Verbo Incarnato, la Madre di Dio e dunque la Madre nostra.

Tratto da un brano di p. Lanzetta F.I

lunedì 24 ottobre 2011

LA CHIESA DI CRISTO - quinta e ultima parte

Non solo per 300 anni è stato lasciato il mondo senza la Bibbia, ma per 1400 anni il mondo cristiano è stato lasciato senza il Libro sacro.

Prima che l'arte della stampa fosse inventata, le Bibbie erano cose rare; erano molto costose.

Ora, tutti voi dovreste essere consapevoli, se avete letto la storia , che l'arte della stampa fu inventata solo alla metà del XV secolo.
Gli storici ci dicono che nel XI secolo le Bibbie erano così rare e costose che ci sarebbe voluta una fortuna, una fortuna considerevole, per comprare per sé una copia della Bibbia. Prima dell'arte della stampa, tutto doveva essere fatto con la penna su pergamena o pelle di pecora. Era, quindi, un'operazione noiosa e lenta - un'operazione costosa.
A quei tempi solo una persona su ventimila possedeva una Bibbia.

Ma supponiamo per un momento che siano state scritte Bibbie fin dall'inizio, e che ogni uomo, donna e bambino aveva una copia.
A cosa sarebbe servito quel libro a delle persone che non sapevano come leggerlo? .
Ancora oggi molti degli abitanti della terra non sanno leggere.
Inoltre, la Bibbia è stata scritta in greco e in ebraico, sarebbe necessario conoscere queste lingue per essere in grado di leggerla.

Si dice che ora abbiamo una traduzione in francese, inglese, italiano e altre lingue moderne.
Sì, ma siete sicuri di avere una traduzione fedele?
In caso contrario, non avete la Parola di Dio. Se si dispone di una traduzione falsa, è opera dell'uomo.
Come potrete scoprire se si dispone di una fedele traduzione dal greco e dall' ebraico?
Alcuni dicono che per una traduzione esatta bisogna dipendere dal parere dei dotti.
Bene, allora, cari amici, supponiamo che i dotti siano divisi nelle loro opinioni, alcuni dicono che la tradiuzione è esatta, altri che è errata.
 A questo punto la nostra fede sarebbe in dubbio.

Supponiamo per un momento che tutti gli uomini abbiano una Bibbia. Tutti dovremmo leggerla ed averne una traduzione fedele ed infallibile, ma sappiamo che l'interpretazione privata della Bibbia non è infallibile, ma, al contrario, è più fallibile. Essa è la fonte e la sorgente di tutti i tipi di errori ed eresie, e tutti i tipi di dottrine blasfeme.

Nel mondo ci sono più di 350 diverse denominazioni, o chiese cristiane, e tutti dicono che la Bibbia è la loro guida e maestra.
Sono tutte vere chiese?
La verità è una, come Dio è uno, e non ci può essere contraddizione.

Ogni uomo di buon senso vede che ognuna di esse non può essere vera, perché si differenziano e si contraddicono l'un l'altro, e non può quindi essere tutto vero.
Tutti sostengono di avere il vero significato della Bibbia.

Ci sono tante demoninazioni cristiane, diverse le une dalle altre.
Uno dice che esiste l' inferno, e un altro dice che non esiste l'inferno.
Uno dice che Cristo è Dio, un altro dice che non lo è.
Uno dice che il Battesimo è necessario, e un altro dice che non lo è.
Queste denominazioni sono tutte  vere?
Questa è una cosa impossibile, miei cari amici, non può essere tutto vero.

Chi, allora, è vero? Colui che ha il vero significato della Bibbia, si dice.
Ma la Bibbia non ci dice chi sia - la Bibbia non risolve il litigio.

Per i cattolici la Bibbia è la Parola di Dio, è stata ispirata, e ogni cattolico è esortato a leggerla. La comprensione della Bibbia, però, non è ispirata.
Ora, qual è l'insegnamento della Chiesa su questo argomento?
La Chiesa cattolica, dice la Bibbia è la Parola di Dio e che Dio gli  ha dato  il potere, attraverso la Sacra Tradizione, di far conoscere il vero significato della Bibbia.

La Bibbia in questo è con la Costituzione degli Stati Uniti.
 Quando Washington e i suoi soci hanno stabilito la Costituzione e la legge suprema degli Stati Uniti, non hanno detto al popolo degli Stati: "Lasciate che ogni uomo legga la Costituzione e faccia un governo a sé, ed ogni uomo può dare la sua spiegazione della Costituzione ".
Se Washington avesse fatto cosi, non ci sarebbero stati degli Stati Uniti. Tutto il popolo si sarebbe diviso, e il paese sarebbe stato tagliato in mille diversi governi.

Cosa ha fatto Washington?
Ha dato al popolo la Costituzione e la Legge Suprema, e ha nominato la Suprema Corte e giudice supremo della Costituzione. Tutto questo perdare la vera spiegazione della Costituzione a tutti i cittadini d'America - tutti senza eccezione, dal Presidente al mendicante. Tutti sono tenuti a passare dalle decisioni della Corte Suprema, ed è questo e solo questo che può tenere la gente insieme e conservare l'unione degli Stati Uniti.
Nel momento in cui la gente prende l'interpretazione della Costituzione nelle proprie mani, in quel momento vi è un fine dell'unione.
E così è in ogni governo - qui e ovunque.



. Così il nostro Divino Salvatore ha anche stabilito la sua Corte Suprema - Il suo Supremo Giudice - per dare a noi il vero significato delle Scritture, e per darci la vera rivelazione e le dottrine della Parola di Gesù.
Il Figlio del Dio vivente ha promesso con la Sua Parola che questa Corte Suprema è infallibile, e, di conseguenza, mai il vero cattolico dubbiti.

Padre Arnold Damen

domenica 23 ottobre 2011

LA CHIESA DI CRISTO - quarta parte

Come facevano, i cristiani che vivevano nei primi 65 anni dopo l'Ascensione di Cristo, a sapere quello che dovevano fare per salvare le loro anime?

Lo sapevano esattamente allo stesso modo in cui lo sanno tutti i cattolici.
Lo sapevano dall'insegnamento della Chiesa di Dio.

Cristo non ha lasciato la Chiesa senza una Bibbia per soli 65, ma per più di trecento anni.
 La Chiesa di Dio è stata fondata ed ha continuato a diffondersi su tutto il globo senza una Bibbia per più di trecento anni.
In tutto quel tempo la gente non sapeva ciò che costituiva la Bibbia.

Ai tempi degli Apostoli ci sono stati molti falsi vangeli. C'è stato il Vangelo di Simon, il Vangelo di Nicodemo, di Maria, di Barnaba, e il Vangelo dell'infanzia di Gesù.
Tutti questi vangeli  si erano diffusi tra il popolo e il popolo non sapeva quali di questi fossero ispirati e quali falsi. Anche i dotti  discutevano se la preferenza doveva essere data al Vangelo di Simone o quella di Matteo, al Vangelo di Nicodemo o il Vangelo di Marco,Vangelo di Maria o quella di Luca, il Vangelo dell'Infanzia di Gesù o il Vangelo di San Giovanni Evangelista.

E così è stato per quanto riguarda le epistole: molte false epistole sono state scritte, e la gente fu in dubbio per oltre 300 anni.
Essi non sapevano di quali libri fosse costituita la Bibbia.

Fu nel quarto secolo che il Papa di Roma, il Capo della Chiesa, il successore di San Pietro, riuni tra loro i vescovi del mondo in un concilio. E là, in quel concilio è stato deciso che la Bibbia, come i cattolici l'hanno ora, è Parola di Dio, e che i Vangeli di Simone, Nicodemo, Maria, l'infanzia di Gesù, e Barnaba, e tutte quelle altre epistole non erano autentici e che non vi era alcuna prova della loro ispirazione.
I Vangeli di Luca, Matteo, Marco e Giovanni, e il Libro dell'Apocalisse furono ritenuti ispirati dalla Spirito Santo. Solo allora si conobbe l'intera lista di libri ispirati.

Possibile che il Salvatore Divino, volendo che l'uomo imparasse la sua religione da un libro, abbia lasciato il mondo cristiano per 300 anni senza quel libro?

Brani tratti da: discorso di p.Arnold Damen

venerdì 21 ottobre 2011

LA CHIESA DI CRISTO - terza parte

Dio ci ha dato un mezzo per conoscere la Verità rivelata?
"Sì", dicono dicono tutti i cristiani, e così dice la Chiesa cattolica.

Qual è il mezzo che Dio ci ha dato da cui impareremo la Verità che Dio ha rivelato?
"La Bibbia", dicono alcuni, "la Bibbia, tutta la Bibbia, e nient'altro che la Bibbia".

Ma in realtà, non è l'interpretazione privata della Bibbia che è stata nominata da Dio per essere maestra dell' uomo, ma la Chiesa del Dio vivente.
Se Dio avesse voluto che l'uomo imparasse la religione da un libro - la Bibbia - certamente Dio avrebbe dato quel libro all'uomo, Cristo avrebbe dato quel libro all'uomo.
Lo ha fatto? No, non lo fece.

Cristo ha inviato i suoi apostoli in tutto l'universo e gli disse: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che ho vi ho comandato. "
Cristo non ha detto, "Siedetevi e scrivete le Bibbie e spargetele su tutta la terra, ed ogni uomo legga la sua Bibbia e la giudichi da sé."
In questo modo Cristo avrebbe detto che, non ci sarebbe mai stato un solo cristianesimo sulla terra, ma una Babilonia e la confusione.
 In realtà Cristo ha fondato una sola Chiesa, l'unione di un corpo.

Quindi, Cristo non ha mai detto ai suoi Apostoli: "Andate e scrivere le Bibbie e distribuitele, e lasciatele interpretare a ognuno per se stesso."
Tale ingiunzione è stata riservata al XVI secolo, e abbiamo visto il risultato di essa.
Fin dal XVI secolo sono spuntate religioni su religioni e chiese su chiese, tutti combattono e litigando tra loro. Tutto a causa dell' interpretazione privata della Bibbia.

Cristo ha inviato i suoi apostoli con l'autorità di insegnare a tutte le nazioni, e mai ha dato loro qualsiasi comando di scrittura della Bibbia.
 Gli Apostoli partirono e predicarono dappertutto, e piantarono la Chiesa di Dio su tutta la terra, ma non pensarono subito di scrivere.
La prima parola è stata scritta da san Matteo, e scrisse a beneficio di pochi individui.
Egli ha scritto il Vangelo circa sette anni dopo che Cristo ha lasciato questa terra.
San Marco ha scritto una decina di anni dopo che Cristo ha lasciato questa terra;
San Luca circa 25 anni , e San Giovanni circa 63 anni dopo Cristo aveva stabilito la Chiesa di Dio.

San Giovanni ha scritto l'ultima parte della Bibbia - il libro dell'Apocalisse (o Rivelazione, come lo chiamano alcuni) - circa 65 anni dopo  cheCristo aveva lasciato questa terra e la Chiesa di Dio era già stata stabilita.
La Chiesa cattolica esisteva gia 65 anni prima che la Bibbia fosse completata, prima che fosse scritta.

Ora, vi chiedo, fratelli miei carissimi , questo popolo cristiano, vissuto nel periodo compreso tra l'istituzione della Chiesa di Gesù e la finitura della Bibbia, erano veramente cristiani, buoni cristiani, cristiani illuminati?
Dov'è l'uomo che oserà dire che coloro che hanno vissuto dal momento che Cristo è salito al cielo al momento in cui fu completata la Bibbia non erano cristiani?
E 'ammesso da tutti i lati, da tutte le denominazioni, che erano il meglio dei cristiani, il primo frutto del Sangue  Gesù Cristo.

Ma come facevano a sapere quello che dovevano fare per salvare le loro anime?
L'hanno imparato dalla Bibbia? No, perché la Bibbia non era ancora stata scritta.
Forse che Nostro Signore abbia lasciato la Chiesa per 65 anni senza un insegnamento per l'uomo?
No, di certo.

Gli Apostoli erano cristiani?
"Sì, signore, sono stati i fondatori del cristianesimo".
Ora, miei cari amici, nessuno degli Apostoli a mai letto la Bibbia, non uno di loro, tranne, forse, San Giovanni.
Tutti loro sono morti martiri per la fede in Gesù Cristo e non hanno mai visto la copertina di una Bibbia. Ognuno di loro sono morti martiri ed eroi per la Chiesa di Gesù prima che la Bibbia fosse completata

Brani tratti da: discorso di p. Arnold Damen

giovedì 20 ottobre 2011

LA CHIESA DI CRISTO - seconda parte

Si sente dire al giorno d'oggi che non importa  quale religione professa un uomo, l'importante è che egli sia un uomo buono.

Questa è un' eresia, cari fratelli.
Se è indifferente ciò che un uomo crede, sempre che sia un uomo buono, allora sarebbe stato inutile per Dio fare qualsiasi tipo di rivelazione.
Perché Cristo avrebbe dovuto inviare i suoi apostoli e discepoli per ammaestrare tutte le nazioni, se quelle nazioni sarebbero state salvate anche rifiutando gli insegnamenti degli Apostoli e dei discepoli?
Tutto ciò offende Dio e il suo piano di salvezza.

Se Dio rivela una cosa o insegna una cosa, significa che vuole essere creduto.
L'uomo è tenuto a credere a qualsiasi cosa Dio abbia rivelato.
Cari fratelli, siamo dolcemente costretti ad adorare Dio, sia con la nostra ragione e intelletto, così come con il nostro cuore e volontà.
Dio è il padrone di tutto l'uomo. Egli afferma la sua volontà, il suo cuore, la sua ragione, e il suo intelletto.

Dov'è l'uomo che nella sua ragione, non importa a quale confessione, chiesa, religione appartenga, che negherà che siamo tenuti a credere a ciò che Dio ha insegnato?
Sono sicuro che non ci sia un cristiano che negherà che siamo tenuti a credere a qualsiasi cosa Dio abbia rivelato.
Pertanto, non è indifferente quale religione professa un uomo. Egli deve professare la vera religione per essere salvato.

Ma qual è la vera fede?

"La vera fede", dicono alcuni cristiani, "è quella di credere nel Signore Gesù".
D'accordo, i cristiani credono in questo.
Che cosa si intende per credere nel Signore Gesù?
" Si deve credere che egli è il Figlio del Dio vivente".
Concordato di nuovo. Grazie a Dio, possiamo essere d'accordo su qualcosa.
Noi crediamo che Gesù Cristo è il Figlio del Dio vivente, che Egli è Dio.


Brani tratti da: discorso di p. Arnold Damen

mercoledì 19 ottobre 2011

LA CHIESA DI CRISTO - prima parte

 Cristiani Carissimi,

quando il divin Salvatore inviò i suoi apostoli e i suoi discepoli in tutto l'universo a predicare il Vangelo ad ogni creatura, Egli ha stabilito le condizioni della salvezza in questo modo: "Chi crederà e sarà battezzato", ha detto il Figlio del Dio vivente, "è salvo, ma chi non crederà sarà condannato." (Marco 16:16). Ecco, allora, Nostro Signore ha stabilito le due condizioni della salvezza: la fede e il Battesimo. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato - o è dannato. Delle due condizioni della salvezza: la fede e il Battesimo vi parlerò sulla condizione della fede.

Dobbiamo avere fede per essere salvati, e dobbiamo avere fede divina, non la fede dell'uomo. La fede umana non salverà l' uomo, ma solo la fede divina.
Che cos'è la Fede Divina?
 La Fede Divina è credere in tutte le verità che Dio ha rivelato. Bisogna credere senza dubitare, senza esitare, dal momento che iniziamo a dubitare o a esitare, iniziamo a diffidare dell' autorità di Dio, e, quindi, insultiamo Dio mettendo in dubbio la Sua Parola.
La Fede Divina è credere senza esitazione qualsiasi cosa Dio abbia rivelato per mezzo della sua Parola.

La fede umana, invece, è quando crediamo qualcosa per l'autorità degli uomini.
Questa è la fede dell'uomo.
Quindi, cari fratelli, non è indifferente quale religione professa un uomo, anche se egli è un uomo buono.

brani tratti da : catechesi di p. Arnold Damen

martedì 18 ottobre 2011

BIBBIA - seconda parte

Che cos'è la Tradizione?
La Tradizione è la Parola di Dio non scritta, questi "altri segni" che fece Gesù sono stati tramandati oralmente dagli Apostoli e gli altri seguaci vicini a Gesù.
"Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese cosi dalla nostra parola come dalla nostra lettera." (2 Tessalonicesi 2:15)

Dovete credere nella Tradizione?
Sì, perché è Parola di Dio e ha la stessa autorità della Bibbia.
I primi cristiani impararono tutto dalla Tradizione, dal momento che solo in seguito furono scritti alcuni degli insegnamenti di Gesù. L''ultimo scritto fu ultimato alla fine del primo secolo. Nella Chiesa primitiva non c'era il Nuovo Testamento.

Siete liberi di credere a ciò che volete?
No, si deve credere a tutto quello che insegna la Bibbia e la Tradizione - tutte le dottrine che la Chiesa Cattolica insegna.
"Il Signore Gesù apparirà dal cielo con gli angeli della sua potenza: in una fiamma di fuoco, dando la vendetta di coloro che non conoscono Dio, e che non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù Cristo." (2 Tessalonicesi 1: 7-8)

E' peccato negare ciò che la Chiesa cattolica insegna?
Negare ciò che la Chiesa Cattolica insegna è peccato grave.
"Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non possiede Dio. Chi invece rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio." (2 Giovanni 1:9)

Se un cattolico nega una o più dottrine della Chiesa cattolica, egli non è più un cattolico. Per essere cattolici bisogna accettare la fede cattolica nella sua interezza perché viene da Dio, e Dio non può né mentire né fare un errore.

Si può facilmente capire la differenza tra una Bibbia cattolica e una non cattolica.
Una Bibbia cattolica ha sempre il nome di un vescovo cattolico vicino alla parte anteriore con l'imprimatur parola latina, che significa "può essere stampato" oppure in copertina c'è scritto: "testo integrale Conferenza Episcopale Italiana".

La Chiesa cattolica non solo permette ai suoi membri di leggere la Bibbia, ma li incoraggia a farlo. Dà speciali "benedizioni" (chiamate indulgenze) a coloro che la leggono come lettura . Siete invitati ad acquistare una Bibbia cattolica e a leggere una parte di essa ogni giorno.

Nelle bibbie protestanti mancano 7 libri della Bibbia
." I cattolici chiamano questi 7 libri "Libri deuterocanonici". Si tratta di Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico, Baruc, 1 e 2 Maccabei (più parti di Ester e Daniele).

 Da nessuna parte la Bibbia dice che essa è l'unica fonte della dottrina cristiana.
Questo fatto smentisce l'insegnamento classico protestante di "solo la Bibbia" (sola Scriptura).

lunedì 17 ottobre 2011

Bibbia

Che cos'è la Bibbia?
La Bibbia è una raccolta di scritti ispirati da Dio.
"Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perchè l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona." (2 Timoteo 3:16-17)

Cosa significa "ispirata da Dio"?
Significa che Dio ha scelto alcuni uomini e ha ispirato loro di scrivere fedelmente tutte le cose, e soltanto quelle cose che Egli voleva fossero scritte.
"poichè non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio." (2 Pietro 1:21)

Chi, allora, è l'autore principale della Bibbia?
L'autore principale della Bibbia è Dio, dal momento che ha ispirato alcuni uomini a scrivere le cose che Egli ha ordinato, anche se ha permesso loro di scrivere nella propria lingua e stile.
 "Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull'uomo; infatti io non l'ho ricevuto né l'ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo." ( Galati 1:11-12)

Quanti scritti, o libri, ci sono nella Bibbia?
Nella Bibbia ci sono 72 scritti.

Quando tutti questi scritti sono stati messi insieme?
Tutti questi scritti sono stati messi in un unico libro dalla Chiesa Cattolica tra gli anni 350 e 405 d.c.

Come è divisa la Bibbia?
La Bibbia è divisa in due parti principali, l'Antico Testamento e Nuovo Testamento.
L'Antico Testamento contiene le cose che Dio ha detto agli umani dal principio del mondo fino alla venuta del suo Figlio, Gesù Cristo.
Il Nuovo Testamento contiene ciò che Dio ci ha detto per mezzo di suo Figlio e attraverso i suoi apostoli.

E 'possibile fraintendere la Bibbia?
Sì, anche la Bibbia stessa dice:
" cosi egli fà in tutte le lettere, in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina."(2 Pietro 3:16)

Come si può conoscere il vero significato della Bibbia?
Si può conoscere il vero significato della Bibbia solo dall' interprete ufficiale di Dio, la Chiesa cattolica fondata da Gesù stesso.
" Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione" (2 Pietro 1:20)

Dio ha insegnato tutto nella Bibbia?
Dio non ha insegnato tutto nella Bibbia, il resto è nella Sacra Tradizione.
" Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono scritti in questo libro." (Giovanni 20:30)


venerdì 14 ottobre 2011

Cos'è la sacra Tradizione?

All'inizio Gesù fondò la Chiesa, successivamente gli apostoli iniziarono a predicare oralmente la fede dando vita alla sacra Tradizione, ed infine nacque il Nuovo Testamento, ma anche il canone biblico, cioè la lista dei libri ritenuti sicuramente ispirati.

I primi cristiani non portavano con sé le proprie Bibbie ogni Domenica, infatti ben pochi individui ne possedevano una copia personale a causa del tempo e delle risorse che ci volevano per farne delle copie.
Le poche copie delle Scritture erano custodite da membri designati dalla Chiesa, o tenute nel luogo in cui la Chiesa si riuniva per il culto. Per di più, molte chiese non avevano copie complete di tutti i libri dell'Antico Testamento, e tanto meno del Nuovo Testamento (che non fu completato prima della fine del primo secolo, e non trovò la sua forma canonica finale prima del quarto secolo).
Com'è che i primi cristiani conoscevano il Vangelo, la vita e gli insegnamenti di Cristo, che cosa credere sulla natura di Cristo, e cosi via?
Avevano solo la Tradizione orale tramandata direttamente dagli apostoli.

Alcuni secoli dopo la Chiesa determinò quali libri dovevano far parte del canone biblico, cioè quali libri erano sicuramente ispirati.
Come fece la Chiesa a determinare quali libri fossero ispirati?
Essa si basò sulla Sacra Tradizione. Se il contenuto dei vari libri era conforme agli insegnamenti della Tradizione (cioè della predicazione orale degli apostoli) questi veniva accettato.

giovedì 13 ottobre 2011

Come si fà il segno di Croce?

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.


Cristo salva l'uomo mediante la Croce. Ne salva l'anima ed il corpo conquistandoli al male. L'uomo, che segna il proprio corpo con la Croce in riferimento alla Passione di Cristo, offre a Dio la propria vita (anche fisica).
Il Segno della Croce non si definisce, non si interpreta, non si studia, men che meno si discute. E' personale, ad esso non si aderisce, nè serve manifestar consenso. O si fa, o non si fa. E se si fa Satana non ha scampo. Cristo ha campo libero vince e ci salva.

Se puoi, presenta bene il tuo corpo, tieni eretto il busto, poni in vita la mano sinistra, manifestando attenzione e rispetto. Prepara la mano destra sulla sinistra tendendola bene ed allineando le dita. Porta la mano destra sulla fronte, poggiandovi al centro il dito medio, e nomina il Padre.
Stacca la mano destra dalla fronte e con essa, segna verticalmente il tuo corpo, attraverso il cuore, fino alla mano sinistra che hai in vita. Lì fermati e nomina il Figlio.
Mantieni ferma la mano sinistra, porta la destra sulla testa dell'omero sinistro, nomina lo Spirito Santo mentre segni orizzontalemente, sempre con la destra, il tuo corpo, attraverso il cuore, fino alla testa dell'omero destro.
Riporta la mano destra in vita sulla sinistra e proferisci la parola Amen.

giovedì 22 settembre 2011

I veri cristiani amano la Croce



Cari fratelli, ricordate che il nostro buon Gesù rivolge ora il suo sguardo e la sua parola a ciascuno di voi singolarmente. Vi dice: "Ecco. Quasi tutti mi lasciano solo sulla via regale della Croce. Sono diventati nemici della mia Croce!
<< Forse anche voi volete andarvene? >>. (Gv 6,68)
Io ho molti falsi amici. Proclamano di volermi bene, ma in realtà mi hanno in odio, perchè non amano la mia Croce. Tanti sono gli amici della mia tavola, pochissimi lo sono della mia Croce."

In risposta a questo amoroso richiamo di Gesù, guardiamo più in alto, non lasciamoci sedurre dai nostri sensi, alla maniera di Eva. Teniamo fisso lo sguardo soltanto su Gesù crocifisso, autore e perfezionatore della nostra fede (Eb 12, 2); fuggiamo la concupiscenza che è del mondo corrotto, amiamo Gesù Cristo nel modo migliore, cioè attraverso ogni sorta di croci.
Meditiamo attentamente queste meravigliose parole del nostro caro Maestro che racchiudono tutta la perfezione della vita cristiana: << Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua>>. (Mt 16,24; Lc 9,23)

Tratto da: Lettera agli amici della Croce
di San Luigi Maria da Montfort

giovedì 30 giugno 2011

L'anima e la vita spirituale

L'anima non si accorge dei suoi attacchi; ordinariamente li crede una necessità dello stesso spirito suo; si esamina e le pare che non è legata a nulla, proprio quando cento tentacoli sottili la tengono avvinta e le impediscono la libertà del volo. Oh, se noi vedessimo l'anima nostra, la vedremmo tutta legata e paralizzata proprio da una rete di attacchi.
Abbiamo mai osservato una povera mosca che si impiglia in una ragnatela? Essa volava tranquilla e sicura, e senza accorgersene si è impigliata in un filo sottilissimo... Vola ancora, ma ecco, il volo suo è limitato a quel piccolo angolo di muro, dove in fondo vi è l'insidia del ragno. Quel primo filo potrebbe spezzarlo facilmente, ma, perché non lo vede e giudica che il suo volo sia trattenuto da altre cause, essa non lo spezza; vola in quel piccolo ambiente e si impiglia in un altro filo. Allora fa sforzi per districarsi, ma più si impiglia, perché va appoggiando le sue zampe e le sue alette proprio nel groviglio di quei fili. Poco per volta si trova chiusa, viva ancora, sì, ma chiusa in una prigione che la paralizza tutta. Allora il ragno maligno esce dal suo nascondiglio, la avvolge ancora di più e poi le succhia la vita, finché rimane un povero carcame vuoto e morto.
Questa è la sorte dell'anima che si attacca alla terra, alle cose, alle persone, agli ambienti, alle sue inclinazioni, al suo giudizio, ai suoi sistemi, alle consolazioni ed al fervore interno, alle creature nelle quali vede un raggio della vita di Gesù, allo stesso Gesù, ossia a quello che in Gesù l'appaga e la soddisfa. E' necessario perciò spezzare risolutamente ogni vincolo, ogni attacco, per ritrovare non già il vestibolo del suo Cuore, ma l'infinita sua Vita.
Il carattere preciso di un attacco è la preoccupazione e l'agitazione; tutto quello che avvince l'anima l'agita e la preoccupa. Così è possibile conoscere con facilità gl'innumerevoli attacchi del cuore.
Ti agiti perché sei freddo? Sei attaccato al fervore. Ti agiti perché non hai visto quella persona buona che ti aiutava nell'anima? Sei attaccato ad essa. Se tu cercassi proprio e solo la vita dello spirito, saresti rimasto calmo e sereno nella Volontà di Dio, quando un impedimento non te l'ha fatta vedere. Ti agiti e ti risenti perché sei contrariato nel tuo giudizio ? Ci sei attaccato.
Ti agiti perché ti si toglie quel posto, quell'ufficio, quel sollievo, e ti agiti con la scusa del bene degli altri, e credi che non ti dispiaci per te, ma per gli altri... in realtà ci sei attaccato. Ti agita e ti turba l'umiliazione? Sei attaccato al tuo decoro ed alla tua gloria. Ti agita l'essere stimato colpevole quando credi di non esserlo, e trovi subito tutte le ragioni per giustificarti? Sei attaccato alla tua stima.
Ti agiti perché non puoi pregare a lungo, o con gusto, o con fervore, o con diletto, e credi di agitarti perché temi di dispiacere a Dio, di fare male quella Comunione ecc... non è vero! Ti agiti perché sei tutto attaccato al tuo giudizio, alle tue inclinazioni, alle soddisfazioni stesse dell'anima.
Ti agiti perché sei umiliato ? Sei attaccato all'orgoglio più di quello che credi! E rimani sterile e dici: Come mai in me non cresce nulla?... Perché... Perché la terra è tutta piena di spine che tu non vedi e che soffocano ogni germe di vera e di solida vita. Per questo il Signore ti inaridisce, ti tribola, ti si nasconde, ti dà l'impressione che sia adirato con te... per staccarti da tutto.
Quando tu rinunzi al fervore per amor suo, lo trovi; quando rinunzi alla consolazione, essa ti si effonde nell'anima; quando rinunzi alla tua libertà allora sei libero, quando rinunzi a tutto allora hai tutto... < Beati i poveri di spirito, poiché di essi è il regno dei cieli! >.
Nella via della santità certe vie, che sembrano per noi il colmo della grazia e della perfezione, non sono in realtà altro che una semplice attrazione, un allettamento per attrarre l'anima. Come si fa per allettare un bambino alla professione delle armi? Gli si compra la piccola spada, l'elmo, lo schioppo, e lo si fa giocare. Il bambino si crede un guerriero quando il suo piccolo fucile ha dato un piccolo colpo con un meschino fulminante.
Lo lasciamo giocare; ma poi un bel giorno gli togliamo tutti i giocattoli guerreschi e lo chiudiamo nel collegio militare. Se il bambino vuole seguitare a giocare e si rammarica di non combattere più, e vuole che ritorni il primo periodo della sua vita, in realtà non va avanti, ma si trova del tutto smarrito. Così Gesù fa con le anime.
Prima le fa giocare. Esse credono che i giocattoli siano la vita di perfezione, ma non lo sono. Essi riescono solo ad allettare, a dare loro la prima idea, il primo desiderio della perfezione. Ecco che il Signore permette che incontrino anime buone, che servono a dar loro il primo desiderio di una vita superiore. Poi tutto è troncato: via i giocattoli, l'anima è desolata, ma è Gesù che la eleva. Allora l'anima non deve fare altro che seguirlo, che rinunziare interamente ai primi allettamenti, e riposare nella sua Volontà, e farsi guidare da un buon Confessore, e vivere raccolta. Se essa va cercando ancora i primi... zuccherini, si smarrisce e perde ogni vita.
Perciò stacchiamoci da tutto, e quando un nostro desiderio è contrariato dagli eventi, ringraziamone Dio, poiché quella è una grazia grande. E' per gli eventi stessi che Gesù ci conduce gradatamente al distacco.

domenica 26 giugno 2011

L' uomo e il creato

Quando Dio creò il mondo e l'uomo, concepì un piano degno del suo amore e della sua saggezza: l'uomo fu destinato a glorificare e ad amare Dio sulla terra, e a possederlo un giorno nella gloria del cielo. Tutto il resto fu creato per l'uomo, per aiutarlo a conseguire il suo fine ultimo che è Dio. Perciò tutto nell'uomo e nella società umana, atti, pensieri, uso delle facoltà, delle forze e delle creature, doveva tendere a questo fine supremo. Ma, spinto dal demonio, l'uomo ha peccato, e dopo la sua colpa, egli è continuamente tentato da quello spirito malvagio che odia Dio e la sua creatura; il suo cuore corrotto è diventato complice del suo nemico, portato ormai a insorgere contro Dio e a far di se stesso un fine.
Dio, che è la misericordia infinita ha riparato con la Redenzione questa terribile caduta; tutto fu rinnovato in Gesù Cristo.
Egli è nato, ha sofferto ed è morto per redimere e salvare l'uomo colpevole. Ha fondato la Chiesa, la cui missione soprannaturale è di distribuire alle anime, con i Sacramenti, i meriti infiniti del Salvatore, di insegnare al mondo la verità, di smascherare l'errore, di combattere il male, di condurre le anime alla felicità eterna e anche di custodire il deposito delle verità naturali, misconosciute dalle passioni, ma che sono la base dell'ordine civile.

lunedì 11 aprile 2011

Santità e vita cristiana

Nel nostro tempo praticamente tutti gli uomini che ci circondano hanno già sentito parlare di Gesù e della Chiesa, hanno visto le chiese e i campanili, hanno partecipato almeno qualche volta ai Sacramenti, ai funerali... Ma spesso conoscono male il Vangelo, Dio e le esigenze della vita cristiana; ne hanno sentito parlare in modo approssimativo, spesso hanno avuto esempi smorti di vita cristiana... Molti sono rimasti scandalizzati: «I cristiani sono come gli altri (... se non peggio!)». Quindi, non basta portare libri o fare discorsi; dobbiamo portare il vangelo vissuto, e vissuto in modo integrale! Il mondo ha bisogno di vedere dei cristiani santi, degli uomini davvero nuovi, come lo erano i primi cristiani. C'è un'antica preghiera che dice: «Noi siamo l'unica Bibbia che i popoli leggono ancora». Ecco, dobbiamo diventare santi! Il Papa ci ha invitato spesso alla santità, anche nella Lettera apostolica per l'inizio del nuovo millennio (Novo millennio ineunte); dice che è necessario non solo ricordare che tutti i cristiani sono chiamati alla santità, ma che occorre ripensare e riorganizzare tutta la pastorale, anche nelle parrocchie, in modo tale da offrire concretamente ai cristiani i mezzi per camminare e giungere alla santità (scuole di preghiera, di vita spirituale, di virtù, di silenzio, di mortificazione, di discernimento... riflessione sugli esempi e sulla vita dei Santi... direzione spirituale...). Quanto siamo lontani da questo! A volte anche i Sacerdoti e i consacrati non hanno davanti l'ideale della santità, e si disperdono in attività varie e ben poco santificanti.

venerdì 1 aprile 2011

Regola di vita cristiana


«Non credete ai distruttori delle regole che parlano in nome dell’amore. Là dove la regola è frantumata, l’amore abortisce».(Gustave Thibon)


Due parole riassumono magnificamente la spiritualità monastica del XII secolo: Magnitudo, grandezza dell’uomo immagine di Dio, e rectitudo, lo sforzo necessario di rettitudine dopo la caduta nel peccato originale. La parola regola, che ha la stessa radice di rectitudo, non ha una buona fama, salvo tra i monaci benedettini che vedono nella Regola del loro patriarca un monumento di saggezza e l’espressione santissima della volontà di Dio. Vittime da due secoli di una falsa filosofia, abbiamo finito per vedere nella regola un intralcio alla libertà, quando invece ne è la condizione stessa. Quarant’anni fa Gustave Thibon aveva lanciato questo terribile avvertimento: «Disprezzi le regole, le tradizioni e i dogmi. Non vuoi imporre nessun inquadramento dottrinale al tuo bambino, al tuo discepolo; benissimo. Gli dai da bere un vino prezioso, dimentichi solo di dargli una coppa; cos’è il vino senza coppa? Un ruscello che cade a terra, ed eccolo versato, produce il peggior fango». La tradizione militare e l’esperienza del comando testimoniano in favore dell’obbedienza alla regola. Ecco le parole di un ufficiale (capitano André Bridoux, Souvenirs du temps des morts):«Più la regola è severa, più c’è libertà. Questo si capisce. Un capo sicuro dei suoi subordinati può essere generoso nel concedere favori. «Si può soffrire qualche volta di essere comandati troppo o male; si soffre ancora di più di non esserlo affatto, perché il disordine si produce subito e la più grande disgrazia pesa allora sui piccoli. «Questo rispetto della regola stretta porta lontano, e in particolare a una grande severità nei giudizi perché, secondo questo principio, il cavaliere d’Assas non ha fatto che il suo dovere; è meglio appoggiarsi alla perfezione della regola che sull’imperfezione della natura. «Gli uomini saranno sempre obbligati ad assicurarsi contro sé stessi. La buona volontà non è sufficiente, perché presto si piegherebbe di fronte alla prova ripetuta del pericolo della morte, prima ancora davanti al ripetersi di lavori semplici ma noiosi che riempiono la vita del soldato e che sono tuttavia indispensabili». Quante anime rimpiangono tardi di non avere saputo serrare la propria vita in un corsetto di ferro di una regola morale esigente! Il suo impiego ragionevole avrebbe loro risparmiato lo spettacolo desolante di un’esistenza senza regole, fatta di mollezza e di pigrizia. «Ah! Se si potesse rifare…», si dicono con un tono toccante. Ma la parola inesorabile del poeta cade come una spada: Never more!Senza una disciplina personale, non c’è artista, non c’è scrittore, non c’è ingegnere; talento personale e santità sono votate allo scacco. Senza regola, non c’è capolavoro, non c’è vita contemplativa, non c’è elevazione mistica. È arrivato il momento di sbarazzarsi degli slogan faciloni che ricoprono il suolo putrescente di questo tempo, e di ritrovare il segreto degli antichi per diventare, non degli imbroglioni disonesti, ma dei saggi artigiani delle nostre vite. Non ricordo quale scrittore diceva: «Il genio consiste nel sedersi all’ora prefissata al proprio tavolo di lavoro». Comunque bisogna ricordare – soprattutto per quanto riguarda l’ordine spirituale – il paragone stabilito da Charles Péguy tra le regole dure e le regole morbide, queste essendo più esigenti di quelle, perché impegnano l’uomo in una zona di profondo legame. È solo in questo senso, e non senza qualche apprensione, che proponiamo una regola di vita dell’anima.


Dom Gérard Calvet O.S.B.

venerdì 4 febbraio 2011

La preghiera

Cari fratelli, tutti noi sappiamo che la preghiera è molto importante nella vita di fede.
La preghiera impedisce l'affievolimento della fede, della speranza e della carità.
Molti cattolici d'oggi affermano di non aver tempo per pregare ma in realtà, se analizziamo la nostra vita, ci accorgeremo che spendiamo molto tempo in attività inutili.
Non è forse vero che rimaniamo per ore a guardare la televisione?
Non è forse vero che molti cattolici spendono molto tempo in attività "ricreative" che potrebbero essere facilmente ristrette per far posto alla preghiera?
Se noi ci ritagliassimo anche solamente 15 minuti al giorno per la preghiera, anche le nostre attività umane ne ricaverebbero vantaggio.

mercoledì 26 gennaio 2011

Domande sul sesto e nono Comandamento

Che cosa ci proibisce il sesto comandamento: Non commettere atti impuri?
Il sesto comandamento: Non commettere atti impuri, ci proibisce ogni atto, ogni sguardo, ogni discorso contrario alla castità, e l'infedeltà nel matrimonio.

Che cosa proibisce il nono comandamento?
Il nono comandamento proibisce espressamente ogni desiderio contrario alla fedeltà che i coniugi si sono giurata nel contrarre matrimonio: e proibisce pure ogni colpevole pensiero o desiderio di azione vietata dal sesto comandamento.

É un gran peccato l'impurità?
È un peccato gravissimo ed abominevole innanzi a Dio ed agli uomini; avvilisce l'uomo alla condizione dei bruti, lo trascina a molti altri peccati e vizi, e provoca i più terribili castighi in questa vita e nell'altra.

Sono peccati tutti i pensieri che ci vengono in mente contro la purità?
I pensieri che ci vengono in mente contro la purità, per se stessi non sono peccati, ma piuttosto tentazioni e incentivi al peccato.

Quando è che sono peccati i pensieri cattivi?
I pensieri cattivi, ancorché siano inefficaci, sono peccati quando colpevolmente diamo loro motivo, o vi acconsentiamo, o ci esponiamo al pericolo prossimo di acconsentirvi.

Che cosa ci ordinano il sesto e nono comandamento?
Il sesto comandamento ci ordina di essere casti e modesti negli atti, negli sguardi, nel portamento e nelle parole. Il nono comandamento ci ordina di essere casti e puri anche nell'interno, cioè nella mente e nel cuore.

Che cosa ci convien fare per osservare il sesto e il nono comandamento?
Per ben osservare il sesto e il nono comandamento, dobbiamo pregare spesso e di cuore Iddio, essere divoti di Maria Vergine Madre della purità, ricordarci che Dio ci vede, pensare alla morte, ai divini castighi, alla passione di Gesù Cristo, custodire i nostri sensi, praticare la mortificazione cristiana e frequentare colle dovute disposizioni i sacramenti.

Che cosa dobbiamo fuggire per mantenerci casti?
Per mantenerci casti conviene fuggire l'ozio, i cattivi compagni, la lettura dei libri e dei giornali cattivi, l'intemperanza, il guardare le immagini indecenti, gli spettacoli licenziosi, le conversazioni pericolose, e tutte le altre occasioni di peccato.

martedì 25 gennaio 2011

Pensieri
“Mi domando se non sia ora di impazzire un po’ tutti, riscoprendo quel cristianesimo evangelico, estremistico, radicale, disarmato, dolcemente forsennato, che ci abbaglia ancora dalle pagine degli evangelisti e nelle cronache dei martiri, nei Fioretti di san Francesco e negli Inni di san Giovanni della Croce”

Italo Alighiero Chiusano

venerdì 21 gennaio 2011

Lo scandalo

Oltre alla vita materiale l'uomo ha una vita spirituale.
Il quinto Comandamento ci proibisce di commettere attentati alla vita dell'anima, quale lo scandalo: un vero e proprio omicidio spirituale.
Lo scandalo è ogni discorso, scritto e azione che induce altri a compiere il male.
Chi scandalizza si fà tentatore del suo prossimo.
La gravità dello scandalo è maggiore quando a causarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad educare gli altri. E' il caso dei genitori che hanno nei confronti dell'educazione religiosa e morale dei figli una responsabilità primaria.
E' il caso dei sacerdoti, ai quali i fedeli guardano come ai maestri della verità e ai testimoni della santità. Il loro buon o cattivo esempio può edificare o distruggere più di quando si possa immaginare.
Si rendono colpevoli di scandalo anche coloro che promuovono leggi o strutture sociali che portano alla degradazione dei costumi e alla corruzione della vita religiosa, a condizioni sociali che, volontariamente o no, rendono difficile un comportamento cristiano conforme ai Comandamenti.
Chi ha dato uno scandalo ha il dovere di ripararlo. Ma in che maniera? Cambiando condotta, dando buon esempio, e infine sforzandosi d'impedire gli effetti che vi sono ancora: ad esempio, revocando i cattivi consigli dati, ecc..

Brani tratti da catechesi di
P.Francesco Pio M. Pompa FI
Il settimanale di padre Pio

giovedì 20 gennaio 2011

Il quinto Comandamento

Non uccidere
Il quinto Comandamento ci ordina di rispettare ogni vita umana, dal momento del concepimento fino a quella della morte naturale.

Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile alla vita.
La Bibbia afferma: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce ti avevo consacrato" (Ger 1,5).

Il quindo Comandamento ci proibisce di commettere attentati alla vita del corpo quali, ad esempio, l'omicidio, l'aborto, l'eutanasia e il suicidio.

martedì 18 gennaio 2011

Il quarto Comandamento


Onora il padre e la madre

Il quarto Comandamento ci ordina di onorare i genitori.
La parola onorare racchiude in sé tutti i doveri dei figli verso i genitori: amore, rispetto, riconoscenza, obbedienza e aiuto nelle necessità, soprattutto durante la vecchiaia (cf CCC, nn. 2214-2220).
Amare i genitori vuol dire sentire per essi un affetto sincero, per cui si fanno proprie tutte le loro gioie ed i loro dolori e si desidera di far loro tutto il bene che si può fare. Siamo loro debitori perché Dio ci ha dato la vita per mezzo loro; hanno sofferto per noi; hanno vegliato ansiosi sulla nostra culla e ci hanno allevati ed educati con ogni amore. Ci ricorda la Sacra Scrittura: «Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare i dolori di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato; che darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?» (Sir 7,27-28).
Mancano perciò quei figli che trattano i genitori con arroganza, che li offendono, che rinfacciano loro difetti o colpe commesse, che li umiliano ed infine coloro che giungono a vergognarsi della loro ignoranza e povertà (cf CCC, nn. 2215-2216). «Per tutto il tempo in cui vive nella casa dei genitori, il figlio deve obbedire ad ogni loro richiesta motivata dal proprio bene o da quello della famiglia» (CCC, n. 2217). Un esempio insigne di ubbidienza fu dato all’umanità da Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, che obbedì al Padre suo fino alla morte in croce, e ubbidì perfino a due creature della terra: alla Madonna e a san Giuseppe. Il Vangelo compendia la vita privata di Gesù con questa frase: «Era soggetto ad essi» (Lc 2,51).
«I figli devono anche obbedire agli ordini ragionevoli dei loro educatori e di tutti coloro ai quali i genitori li hanno affidati. Ma se in coscienza sono persuasi che è moralmente riprovevole obbedire ad un dato ordine, non vi obbediscano» (CCC, n. 2217).
Un figlio è tenuto a disubbidire ai genitori solo nel caso in cui essi comandassero cose contrarie ai Comandamenti di Dio o ai Precetti della Chiesa; ad esempio se proibissero in un giorno festivo d’andare a Messa o comunque spingessero al male.
«Con l’emancipazione cessa l’obbedienza dei figli verso i genitori, ma non il rispetto che ad essi è sempre dovuto.
«Il quarto Comandamento ricorda ai figli, divenuti adulti, le loro responsabilità verso i genitori. Nella misura in cui possono, devono dare loro l’aiuto materiale e morale, negli anni della vecchiaia e in tempo di malattia, di solitudine o di indigenza» (CCC, n. 2218).
La Bibbia richiama questo dovere dei figli: «Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati, chi riverisce la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli, sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi riverisce suo padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre» (Sir 3,2-6).«Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo mentre sei nel pieno del vigore [...] Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore» (Sir 3,12-13.16).
Il rispetto verso i genitori si riflette su tutto l’ambiente familiare. Concerne anche le relazioni tra fratelli e sorelle: «Corona dei vecchi sono i figli dei figli» (Prv 17,6). «Con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza» sopportatevi «a vicenda con amore» (Ef 4,2) (cf CCC, n. 2219).
Il quarto Comandamento si rivolge anzitutto ai figli, ma implicitamente riguarda chiunque è sottomesso ad ogni legittima autorità. Inoltre esso implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi, magistrati, governanti e di tutti coloro che esercitano un’autorità su altri o su una comunità di persone (cf CCC, n. 2199

lunedì 17 gennaio 2011

Domande sul terzo Comandamento


Che cosa ci ordina il terzo comandamento: Ricordati di santificare le feste?
Il terzo comandamento: Ricordati di santificare le feste, ci ordina di onorare Dio con opere di culto nei giorni di festa.

Quali sono i giorni di festa?
I giorni di festa sono le domeniche ed altre festività stabilite dalla Chiesa.

Perché nella legge nuova si santifica la domenica invece del sabato?
La domenica, che significa giorno del Signore, fu sostituita al sabato perché in tal giorno Gesù Cristo Signor nostro risuscitò.

Quale opera di culto ci viene comandata nei giorni di festa?
Ci viene comandato di assistere divotamente al santo sacrificio della Messa.

Con quali altre opere un buon cristiano santifica le feste?
Il buon cristiano santifica le feste: 1.° coll'intervenire alla Dottrina cristiana, alle prediche ed ai divini uffizi; 2.° col ricevere spesso, con le dovute disposizioni i sacramenti della Penitenza e dell' Eucaristia; 3.° coll'esercitarsi nell' orazione e nelle opere di cristiana carità verso il prossimo.

Che cosa ci proibisce il terzo comandamento?
Il terzo comandamento ci proibisce le opere servili e qualunque opera che ci impedisca il culto di Dio.
Quali sono le opere servili proibite nei giorni di festa?
Le opere servili proibite nei giorni di festa sono le opere dette manuali, cioè quei lavori materiali in cui ha parte più il corpo che lo spirito; come quelle che ordinariamente si fanno dai servi, dagli operai e dagli artieri.
Quale peccato si commette lavorando in giorno di festa?
Lavorando in giorno di festa si commette peccato mortale: scusa però dalla colpa grave la brevità del tempo che si occupa.

Perchè sono proibite le opere servili?
Sono proibite nelle feste le opere servili, affinché possiamo meglio attendere al divin culto e alla salute dell'anima nostra; e riposarci dalle fatiche. Per questo non è proibito qualche onesto divertimento.

Tuttavia la Chiesa è ben consapevole che alcune attività sono necessarie anche di domenica per il buon funzionamento della società, come pure che, in particolari situazioni, hanno la precedenza i bisogni e le necessità della famiglia.
Si tratta di attività lavorative, il cui svolgimento è necessario per gravi ragioni:
1) la pubblica utilità. Esempio: i servizi di trasporto, il funzionamento degli impianti elettrici, idrici, del gas, gli strumenti della comunicazione sociale, ecc.;
2) la necessità di vita. Esempio: cucinare, urgenti lavori domestici, ecc.;
3) il pericolo di danni notevoli. Esempio: lavori urgenti in campagna o nelle grandi fabbriche, lo sgombero di edifici pericolanti, tenere accesi determinati impianti tecnici (per esempio, altiforni), i quali se venissero spenti e ridotti completamente all’inattività di domenica comporterebbero danni notevolissimi, o la cui riattivazione dopo la domenica comporterebbero costi molto elevati, ecc.;
4) la carità verso il prossimo. Esempio: l’assistenza di un malato grave;
5) la pietà. Esempio: lavori in chiesa da parte di chi presta servizio;
6) la consuetudine del luogo. Esempio: servizi di ristorazione e turistici ecc..

Queste eccezioni chiaramente non possono divenire un alibi per poter superare i limiti della liceità morale, come si tende a fare nella società dei consumi, col risultato di distruggere la Domenica e di ridurla ad un giorno feriale qualsiasi. Il criterio economico non deve prevalere sulla necessità di santificare i giorni festivi. I pubblici poteri quindi devono vigilare affinché sia assicurato ai cittadini un tempo destinato al riposo e al culto divino. Anche i datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei confronti dei loro dipendenti (cf CCC, n. 2187).

domenica 16 gennaio 2011

Santificare la Domenica

Il lavoro ordinato a Dio diviene grazia di santificazione personale e di servizio al prossimo, ma quando esso prescinde da Dio e dalla sua Legge può diventare pericoloso per se stessi e per gli altri, è il caso del lavoro svolto e “fatto svolgere” nel giorno del Signore.
Evitare di acquistare di domenica prodotti non indispensabili è un gesto di amore sia verso Dio, che ha voluto dedicare il terzo Comandamento anche al riposo, sia verso il prossimo, perché molti lavoratori sono costretti a trascurare i loro diritti/doveri familiari di riposo e religiosi nel giorno del Signore.
Infatti, più volume di affari si ha con le spese di domenica (e negli altri giorni di festa), cioè più “domanda” di beni e servizi si sviluppa, e più si avrà “offerta” e, quindi, più giorni di apertura, maggiore orario prestato e, conseguentemente, più turni di lavoro per mamme e papà occupati nei magazzini, nelle casse, nella vigilanza, ecc.
Genitori, a volte separati e divorziati, che non potranno o sapranno dire di no ai loro responsabili, anche perché nel “settimo giorno” le ore di lavoro vengono pagate di più (e qui entra quindi in gioco anche la “tentazione”).
Chi pensasse che la vita soprannaturale si edifica volgendo le spalle al lavoro, non comprenderebbe la vocazione cristiana, secondo la quale il lavoro esteriore non deve provocare nessuna interruzione nella preghiera, così come il battito del nostro cuore non distrae l’attenzione che dedichiamo alle altre attività. L’uomo, insomma, si realizza pienamente lavorando, ma in modo cosciente e responsabile e, quindi, considerando il lavoro sempre un mezzo e non un fine. Ma la società economica non deve far sì che la responsabilità del lavoro ceda alla “schiavitù democratica”, quella cioè di un lavoro volontariamente (perché non esiste formale obbligo) ma coattivamente (perché si fa in modo di imporre di fatto) chiesto dal mercato e svolto anche “nel giorno di Sabato”.
Dopo Giovanni Paolo II, anche Benedetto XVI ha denunciato questo pericolo, alimentato anche da distorte visioni teologiche, di distruggere «la grande funzione sociale del sabato». Scrive infatti nel suo Gesù di Nazaret (Rizzoli, Milano 2007, p. 139): «La risurrezione di Gesù “il primo giorno della settimana” fece sì che questo “primo giorno” – l’inizio della creazione – divenisse il “giorno del Signore”, nel quale confluirono da sé – attraverso la comunione della mensa con Gesù – gli elementi essenziali del sabato veterotestamentario. Che nel corso di tale processo la Chiesa avesse assunto in modo nuovo anche la funzione sociale del sabato – sempre orientata al “Figlio dell’uomo” – si vide chiaramente quando Costantino, nella sua riforma giuridica cristianamente ispirata, associò a questo giorno anche alcune libertà per gli schiavi e introdusse così nel sistema giuridico basato su principi cristiani il giorno del Signore come il giorno della libertà e del riposo.
Anche se il lavoro può divenire preghiera continua, esso non può assolutamente costituire l’esclusiva forma di realizzazione dell’uomo, guai! Questo perché, come afferma ancora il Fondatore dell’Opus Dei, così se ne altererebbe la funzione essenziale: «Il lavoro accompagna inevitabilmente la vita dell’uomo sulla terra. Assieme ad esso compaiono lo sforzo, la fatica, la stanchezza, come manifestazione del dolore e della lotta che fanno parte della nostra esistenza attuale e che sono segni della realtà del peccato e del bisogno di redenzione. Ma il lavoro non è in se stesso una pena, né una maledizione, né un castigo: coloro che parlano così non hanno letto bene la Sacra Scrittura. È tempo che i cristiani dicano ben forte che il lavoro è un dono di Dio» (È Gesù che passa, punto 47). Ma per esser vissuto come un dono, tranne casi eccezionali, non dovrebbe essere più prestato, favorito, organizzato nel giorno del Signore!

Di Giuseppe Brienza
Tratto da: Il settimanale di padre Pio

venerdì 14 gennaio 2011

Il secondo Comandamento

Non nominare il nome di Dio invano

Il secondo Comandamento ci proibisce innanzitutto la bestemmia, le imprecazioni, il pronunciare il santo Nome di Dio, come pure quello di Gesù Cristo, della Beata Vergine e dei Santi, nella collera, per scherzo o in altro modo poco riverente (CCC, nn. 2146, 2148-2149).
La bestemmia «consiste nel proferire contro Dio (o contro la Madonna, i Santi e le cose sante) – interiormente o esteriormente – parole di odio, di rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancare di rispetto verso di lui nei propositi, nell’abusare del Nome di Dio» (CCC, n. 2148).
Si può bestemmiare anche con i gesti; ad esempio levando un pugno verso l’alto in segno di ribellione e di sfida a Dio. È bestemmia anche attribuire a Dio qualcosa che ripugna alla sua Bontà, alla sua santità o alla sua perfezione; come il dirlo ingiusto, cattivo, parziale. È bestemmia negare le perfezioni che Egli ha, come la Sapienza, la Potenza, la Provvidenza. Non è raro purtroppo sentire anche anime, che si credono buone, le quali dicono che Dio non è giusto, che non provvede, che fa preferenze, che non doveva fare questa o quell’altra cosa.
La bestemmia è un peccato mortale, anzi, è il più grave di tutti, perché offende ed oltraggia Dio direttamente. Mentre gli altri peccati offendono la Legge di Dio, la bestemmia invece è un’ingiuria diretta contro di Lui. Questo peccato non ammette scuse: non basta dire che è la collera che fa bestemmiare. La stessa collera infatti è già peccato. D’altra parte perché prendersela col Signore? Neppure si può dire che ormai si è presa l’abitudine. Infatti potrebbe forse essere perdonato un ladro, che davanti al giudice dicesse di non essere colpevole, perché ormai ha acquistato l’abitudine di rubare?
I dolori e le disgrazie che ci possono capitare non scusano le nostre bestemmie davanti a Dio, perché Dio tutto permette per un nostro maggior bene ed è proprio in questi momenti che dobbiamo attaccarci di più al Signore.
La bestemmia, oltre ad essere un’offesa gravissima a Dio, è anche una grande viltà. Si bestemmia sapendo che Dio tace, non risponde, tollera. La stessa viltà dei servi che bendarono Gesù e lo schiaffeggiarono, gli sputarono in faccia, domandandogli di indovinare chi era stato (cf Mt 26,67-68).
Stupidità, ignoranza e perversione morale fanno pure dire: “Chi bestemmia, crede”. Questi incoscienti diranno poi davanti a Dio, al termine della loro vita: “Signore, ho manifestato la mia fede in te, bestemmiandoti continuamente!”. Chissà cosa risponderà loro il Signore! Costoro farebbero meglio a meditare seriamente la Parola di Dio che dice: «Non ti impigliare due volte nel peccato, perché neppure di uno resterai impunito!» (Sir 7,8). Ed ancora: «Il Signore non ha comandato a nessuno di essere malvagio, e non ha dato a nessuno il permesso di peccare» (Sir 15,20).La bestemmia è anche un grave scandalo! Il padre di famiglia trasmette purtroppo l’abitudine ai figli, l’operaio al collega, il giovane al proprio compagno, e la responsabilità pesa sulla coscienza. Il bestemmiatore è il collaboratore diretto del demonio. Satana non può scagliarsi direttamente contro Dio e spinge l’uomo a fare lui questa triste parte, riservandogli poi il premio di portarlo con sé nell’abisso eterno! Abbiamo il dovere di riparare l’offesa fatta a Dio, alla Madonna o ai Santi con una preghiera e una giaculatoria, detta anche solo col pensiero. Se abbiamo il coraggio e l’opportunità, facciamo sentire il nostro rimprovero calmo e garbato. Vi è differenza tra la bestemmia e l’imprecazione perché la bestemmia è rivolta contro Dio, mentre l’imprecazione è un’ingiuria che può essere diretta anche contro il prossimo o contro gli avvenimenti a cui ci si ribella (cf CCC, n. 2149). Il secondo Comandamento ci proibisce anche di pronunciare il Nome divino inutilmente, senza ragione e senza rispetto. Molti hanno il Nome di Dio sempre sulle labbra per ogni piccola cosa, per esprimere meraviglia o in moti d’impazienza e di collera. Chi così pronunzia il Nome di Dio non va esente da colpa, almeno veniale. Lo stesso si dica se inopportunamente si pronunziasse il Nome della Madonna, dei Santi e delle cose sante.
Il secondo Comandamento proibisce l’uso magico del Nome divino (e delle preghiere). È il caso di persone, anche in buona fede, che dicono di togliere il malocchio, mettendo in un piatto d’acqua delle gocce di olio o dei chicchi di grano. Pensano che ciò sia una cosa buona solo perché fanno dei segni di croce e dicono delle preghiere nel fare questo. Invece è peccato perché si profana il Nome di Dio o il santo Segno della croce infangandoli con queste pratiche magiche (CCC, n. 2149). Il secondo Comandamento proibisce i giuramenti falsi (chiamare Dio ad essere testimone di una menzogna), e anche i giuramenti illeciti (quelli con cui ci si impegna a compiere il male) (CCC, nn. 2150-2152). Astenersi dal falso giuramento è un dovere verso Dio. Come Creatore e Signore, Dio è la norma di ogni verità. Dio è la stessa Verità (CCC, n. 2151).
Non siamo obbligati ad adempiere i giuramenti iniqui, anzi commetteremmo un peccato nell’eseguire quelle azioni cattive a cui ci siamo colpevolmente impegnati in tale modo (chi giura di vendicarsi o di recare danno al prossimo). Si vorrebbe coinvolgere nientemeno Dio nel compiere un’azione cattiva!
Non è bene ricorrere spesso al giuramento, ma esso va riservato ai casi di vera necessità e per un motivo giusto, per esempio davanti ad un tribunale (CCC, nn. 2153-2155).
È in armonia con quanto insegna Gesù nel Discorso della Montagna: «Avete che inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5,33-34.37). Anche san Paolo lascia intendere che non è contrario al Volere divino ricorrere al giuramento quando è veramente necessario e secondo giustizia. Così scrive ai Corinzi: «Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi non sono più venuto a Corinto» (2Cor 1,23). E ai Galati: «In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco» (Gal 1,20).
Non si oppone al secondo Comandamento lo scongiuro, ossia il tentativo di indurre una persona a fare od omettere qualche cosa, interponendo il Nome di Dio. Il Nome di Dio è considerato tanto degno di venerazione che, uditolo, l’altro sia mosso a fare od omettere qualche cosa. Per la liceità si richiede che si prenda la cosa seriamente; che vi sia un motivo proporzionato, infine che si voglia ottenere qualche cosa di lecito. Lo scongiuro è un atto di latria (di adorazione) quando è fatto interponendo direttamente il Nome di Dio o di cose, in cui riluce in modo particolare la maestà di Dio (ad es. la Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo). Lo scongiuro può essere fatto in forma semplice (privatamente) o in forma solenne (quando è fatto a nome della Chiesa, dai suoi ministri, nella maniera prescritta). Può essere pure fatto o in forma deprecativa, cioè in forma di preghiera, come nelle litanie dei Santi o in forma imperativa, come un comando. In questa seconda forma lo scongiuro può solo essere rivolto ad esseri inferiori, o al demonio, interponendo il Nome di Dio. Gli scongiuri che il ministro, a ciò deputato dalla Chiesa, fa in nome di Dio ed autoritativamente contro il demonio, o per indurlo ad abbandonare le persone da lui possedute o per indurlo a cessare dall’infestare persone o cose, anche inanimate, prendono nome di esorcismi.

di padre Francesco Pio M. Pompa FI
Tratto da: Il settimanale di padre Pio