giovedì 13 ottobre 2011

Come si fà il segno di Croce?

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.


Cristo salva l'uomo mediante la Croce. Ne salva l'anima ed il corpo conquistandoli al male. L'uomo, che segna il proprio corpo con la Croce in riferimento alla Passione di Cristo, offre a Dio la propria vita (anche fisica).
Il Segno della Croce non si definisce, non si interpreta, non si studia, men che meno si discute. E' personale, ad esso non si aderisce, nè serve manifestar consenso. O si fa, o non si fa. E se si fa Satana non ha scampo. Cristo ha campo libero vince e ci salva.

Se puoi, presenta bene il tuo corpo, tieni eretto il busto, poni in vita la mano sinistra, manifestando attenzione e rispetto. Prepara la mano destra sulla sinistra tendendola bene ed allineando le dita. Porta la mano destra sulla fronte, poggiandovi al centro il dito medio, e nomina il Padre.
Stacca la mano destra dalla fronte e con essa, segna verticalmente il tuo corpo, attraverso il cuore, fino alla mano sinistra che hai in vita. Lì fermati e nomina il Figlio.
Mantieni ferma la mano sinistra, porta la destra sulla testa dell'omero sinistro, nomina lo Spirito Santo mentre segni orizzontalemente, sempre con la destra, il tuo corpo, attraverso il cuore, fino alla testa dell'omero destro.
Riporta la mano destra in vita sulla sinistra e proferisci la parola Amen.

giovedì 22 settembre 2011

I veri cristiani amano la Croce



Cari fratelli, ricordate che il nostro buon Gesù rivolge ora il suo sguardo e la sua parola a ciascuno di voi singolarmente. Vi dice: "Ecco. Quasi tutti mi lasciano solo sulla via regale della Croce. Sono diventati nemici della mia Croce!
<< Forse anche voi volete andarvene? >>. (Gv 6,68)
Io ho molti falsi amici. Proclamano di volermi bene, ma in realtà mi hanno in odio, perchè non amano la mia Croce. Tanti sono gli amici della mia tavola, pochissimi lo sono della mia Croce."

In risposta a questo amoroso richiamo di Gesù, guardiamo più in alto, non lasciamoci sedurre dai nostri sensi, alla maniera di Eva. Teniamo fisso lo sguardo soltanto su Gesù crocifisso, autore e perfezionatore della nostra fede (Eb 12, 2); fuggiamo la concupiscenza che è del mondo corrotto, amiamo Gesù Cristo nel modo migliore, cioè attraverso ogni sorta di croci.
Meditiamo attentamente queste meravigliose parole del nostro caro Maestro che racchiudono tutta la perfezione della vita cristiana: << Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua>>. (Mt 16,24; Lc 9,23)

Tratto da: Lettera agli amici della Croce
di San Luigi Maria da Montfort

giovedì 30 giugno 2011

L'anima e la vita spirituale

L'anima non si accorge dei suoi attacchi; ordinariamente li crede una necessità dello stesso spirito suo; si esamina e le pare che non è legata a nulla, proprio quando cento tentacoli sottili la tengono avvinta e le impediscono la libertà del volo. Oh, se noi vedessimo l'anima nostra, la vedremmo tutta legata e paralizzata proprio da una rete di attacchi.
Abbiamo mai osservato una povera mosca che si impiglia in una ragnatela? Essa volava tranquilla e sicura, e senza accorgersene si è impigliata in un filo sottilissimo... Vola ancora, ma ecco, il volo suo è limitato a quel piccolo angolo di muro, dove in fondo vi è l'insidia del ragno. Quel primo filo potrebbe spezzarlo facilmente, ma, perché non lo vede e giudica che il suo volo sia trattenuto da altre cause, essa non lo spezza; vola in quel piccolo ambiente e si impiglia in un altro filo. Allora fa sforzi per districarsi, ma più si impiglia, perché va appoggiando le sue zampe e le sue alette proprio nel groviglio di quei fili. Poco per volta si trova chiusa, viva ancora, sì, ma chiusa in una prigione che la paralizza tutta. Allora il ragno maligno esce dal suo nascondiglio, la avvolge ancora di più e poi le succhia la vita, finché rimane un povero carcame vuoto e morto.
Questa è la sorte dell'anima che si attacca alla terra, alle cose, alle persone, agli ambienti, alle sue inclinazioni, al suo giudizio, ai suoi sistemi, alle consolazioni ed al fervore interno, alle creature nelle quali vede un raggio della vita di Gesù, allo stesso Gesù, ossia a quello che in Gesù l'appaga e la soddisfa. E' necessario perciò spezzare risolutamente ogni vincolo, ogni attacco, per ritrovare non già il vestibolo del suo Cuore, ma l'infinita sua Vita.
Il carattere preciso di un attacco è la preoccupazione e l'agitazione; tutto quello che avvince l'anima l'agita e la preoccupa. Così è possibile conoscere con facilità gl'innumerevoli attacchi del cuore.
Ti agiti perché sei freddo? Sei attaccato al fervore. Ti agiti perché non hai visto quella persona buona che ti aiutava nell'anima? Sei attaccato ad essa. Se tu cercassi proprio e solo la vita dello spirito, saresti rimasto calmo e sereno nella Volontà di Dio, quando un impedimento non te l'ha fatta vedere. Ti agiti e ti risenti perché sei contrariato nel tuo giudizio ? Ci sei attaccato.
Ti agiti perché ti si toglie quel posto, quell'ufficio, quel sollievo, e ti agiti con la scusa del bene degli altri, e credi che non ti dispiaci per te, ma per gli altri... in realtà ci sei attaccato. Ti agita e ti turba l'umiliazione? Sei attaccato al tuo decoro ed alla tua gloria. Ti agita l'essere stimato colpevole quando credi di non esserlo, e trovi subito tutte le ragioni per giustificarti? Sei attaccato alla tua stima.
Ti agiti perché non puoi pregare a lungo, o con gusto, o con fervore, o con diletto, e credi di agitarti perché temi di dispiacere a Dio, di fare male quella Comunione ecc... non è vero! Ti agiti perché sei tutto attaccato al tuo giudizio, alle tue inclinazioni, alle soddisfazioni stesse dell'anima.
Ti agiti perché sei umiliato ? Sei attaccato all'orgoglio più di quello che credi! E rimani sterile e dici: Come mai in me non cresce nulla?... Perché... Perché la terra è tutta piena di spine che tu non vedi e che soffocano ogni germe di vera e di solida vita. Per questo il Signore ti inaridisce, ti tribola, ti si nasconde, ti dà l'impressione che sia adirato con te... per staccarti da tutto.
Quando tu rinunzi al fervore per amor suo, lo trovi; quando rinunzi alla consolazione, essa ti si effonde nell'anima; quando rinunzi alla tua libertà allora sei libero, quando rinunzi a tutto allora hai tutto... < Beati i poveri di spirito, poiché di essi è il regno dei cieli! >.
Nella via della santità certe vie, che sembrano per noi il colmo della grazia e della perfezione, non sono in realtà altro che una semplice attrazione, un allettamento per attrarre l'anima. Come si fa per allettare un bambino alla professione delle armi? Gli si compra la piccola spada, l'elmo, lo schioppo, e lo si fa giocare. Il bambino si crede un guerriero quando il suo piccolo fucile ha dato un piccolo colpo con un meschino fulminante.
Lo lasciamo giocare; ma poi un bel giorno gli togliamo tutti i giocattoli guerreschi e lo chiudiamo nel collegio militare. Se il bambino vuole seguitare a giocare e si rammarica di non combattere più, e vuole che ritorni il primo periodo della sua vita, in realtà non va avanti, ma si trova del tutto smarrito. Così Gesù fa con le anime.
Prima le fa giocare. Esse credono che i giocattoli siano la vita di perfezione, ma non lo sono. Essi riescono solo ad allettare, a dare loro la prima idea, il primo desiderio della perfezione. Ecco che il Signore permette che incontrino anime buone, che servono a dar loro il primo desiderio di una vita superiore. Poi tutto è troncato: via i giocattoli, l'anima è desolata, ma è Gesù che la eleva. Allora l'anima non deve fare altro che seguirlo, che rinunziare interamente ai primi allettamenti, e riposare nella sua Volontà, e farsi guidare da un buon Confessore, e vivere raccolta. Se essa va cercando ancora i primi... zuccherini, si smarrisce e perde ogni vita.
Perciò stacchiamoci da tutto, e quando un nostro desiderio è contrariato dagli eventi, ringraziamone Dio, poiché quella è una grazia grande. E' per gli eventi stessi che Gesù ci conduce gradatamente al distacco.

domenica 26 giugno 2011

L' uomo e il creato

Quando Dio creò il mondo e l'uomo, concepì un piano degno del suo amore e della sua saggezza: l'uomo fu destinato a glorificare e ad amare Dio sulla terra, e a possederlo un giorno nella gloria del cielo. Tutto il resto fu creato per l'uomo, per aiutarlo a conseguire il suo fine ultimo che è Dio. Perciò tutto nell'uomo e nella società umana, atti, pensieri, uso delle facoltà, delle forze e delle creature, doveva tendere a questo fine supremo. Ma, spinto dal demonio, l'uomo ha peccato, e dopo la sua colpa, egli è continuamente tentato da quello spirito malvagio che odia Dio e la sua creatura; il suo cuore corrotto è diventato complice del suo nemico, portato ormai a insorgere contro Dio e a far di se stesso un fine.
Dio, che è la misericordia infinita ha riparato con la Redenzione questa terribile caduta; tutto fu rinnovato in Gesù Cristo.
Egli è nato, ha sofferto ed è morto per redimere e salvare l'uomo colpevole. Ha fondato la Chiesa, la cui missione soprannaturale è di distribuire alle anime, con i Sacramenti, i meriti infiniti del Salvatore, di insegnare al mondo la verità, di smascherare l'errore, di combattere il male, di condurre le anime alla felicità eterna e anche di custodire il deposito delle verità naturali, misconosciute dalle passioni, ma che sono la base dell'ordine civile.

lunedì 11 aprile 2011

Santità e vita cristiana

Nel nostro tempo praticamente tutti gli uomini che ci circondano hanno già sentito parlare di Gesù e della Chiesa, hanno visto le chiese e i campanili, hanno partecipato almeno qualche volta ai Sacramenti, ai funerali... Ma spesso conoscono male il Vangelo, Dio e le esigenze della vita cristiana; ne hanno sentito parlare in modo approssimativo, spesso hanno avuto esempi smorti di vita cristiana... Molti sono rimasti scandalizzati: «I cristiani sono come gli altri (... se non peggio!)». Quindi, non basta portare libri o fare discorsi; dobbiamo portare il vangelo vissuto, e vissuto in modo integrale! Il mondo ha bisogno di vedere dei cristiani santi, degli uomini davvero nuovi, come lo erano i primi cristiani. C'è un'antica preghiera che dice: «Noi siamo l'unica Bibbia che i popoli leggono ancora». Ecco, dobbiamo diventare santi! Il Papa ci ha invitato spesso alla santità, anche nella Lettera apostolica per l'inizio del nuovo millennio (Novo millennio ineunte); dice che è necessario non solo ricordare che tutti i cristiani sono chiamati alla santità, ma che occorre ripensare e riorganizzare tutta la pastorale, anche nelle parrocchie, in modo tale da offrire concretamente ai cristiani i mezzi per camminare e giungere alla santità (scuole di preghiera, di vita spirituale, di virtù, di silenzio, di mortificazione, di discernimento... riflessione sugli esempi e sulla vita dei Santi... direzione spirituale...). Quanto siamo lontani da questo! A volte anche i Sacerdoti e i consacrati non hanno davanti l'ideale della santità, e si disperdono in attività varie e ben poco santificanti.

venerdì 1 aprile 2011

Regola di vita cristiana


«Non credete ai distruttori delle regole che parlano in nome dell’amore. Là dove la regola è frantumata, l’amore abortisce».(Gustave Thibon)


Due parole riassumono magnificamente la spiritualità monastica del XII secolo: Magnitudo, grandezza dell’uomo immagine di Dio, e rectitudo, lo sforzo necessario di rettitudine dopo la caduta nel peccato originale. La parola regola, che ha la stessa radice di rectitudo, non ha una buona fama, salvo tra i monaci benedettini che vedono nella Regola del loro patriarca un monumento di saggezza e l’espressione santissima della volontà di Dio. Vittime da due secoli di una falsa filosofia, abbiamo finito per vedere nella regola un intralcio alla libertà, quando invece ne è la condizione stessa. Quarant’anni fa Gustave Thibon aveva lanciato questo terribile avvertimento: «Disprezzi le regole, le tradizioni e i dogmi. Non vuoi imporre nessun inquadramento dottrinale al tuo bambino, al tuo discepolo; benissimo. Gli dai da bere un vino prezioso, dimentichi solo di dargli una coppa; cos’è il vino senza coppa? Un ruscello che cade a terra, ed eccolo versato, produce il peggior fango». La tradizione militare e l’esperienza del comando testimoniano in favore dell’obbedienza alla regola. Ecco le parole di un ufficiale (capitano André Bridoux, Souvenirs du temps des morts):«Più la regola è severa, più c’è libertà. Questo si capisce. Un capo sicuro dei suoi subordinati può essere generoso nel concedere favori. «Si può soffrire qualche volta di essere comandati troppo o male; si soffre ancora di più di non esserlo affatto, perché il disordine si produce subito e la più grande disgrazia pesa allora sui piccoli. «Questo rispetto della regola stretta porta lontano, e in particolare a una grande severità nei giudizi perché, secondo questo principio, il cavaliere d’Assas non ha fatto che il suo dovere; è meglio appoggiarsi alla perfezione della regola che sull’imperfezione della natura. «Gli uomini saranno sempre obbligati ad assicurarsi contro sé stessi. La buona volontà non è sufficiente, perché presto si piegherebbe di fronte alla prova ripetuta del pericolo della morte, prima ancora davanti al ripetersi di lavori semplici ma noiosi che riempiono la vita del soldato e che sono tuttavia indispensabili». Quante anime rimpiangono tardi di non avere saputo serrare la propria vita in un corsetto di ferro di una regola morale esigente! Il suo impiego ragionevole avrebbe loro risparmiato lo spettacolo desolante di un’esistenza senza regole, fatta di mollezza e di pigrizia. «Ah! Se si potesse rifare…», si dicono con un tono toccante. Ma la parola inesorabile del poeta cade come una spada: Never more!Senza una disciplina personale, non c’è artista, non c’è scrittore, non c’è ingegnere; talento personale e santità sono votate allo scacco. Senza regola, non c’è capolavoro, non c’è vita contemplativa, non c’è elevazione mistica. È arrivato il momento di sbarazzarsi degli slogan faciloni che ricoprono il suolo putrescente di questo tempo, e di ritrovare il segreto degli antichi per diventare, non degli imbroglioni disonesti, ma dei saggi artigiani delle nostre vite. Non ricordo quale scrittore diceva: «Il genio consiste nel sedersi all’ora prefissata al proprio tavolo di lavoro». Comunque bisogna ricordare – soprattutto per quanto riguarda l’ordine spirituale – il paragone stabilito da Charles Péguy tra le regole dure e le regole morbide, queste essendo più esigenti di quelle, perché impegnano l’uomo in una zona di profondo legame. È solo in questo senso, e non senza qualche apprensione, che proponiamo una regola di vita dell’anima.


Dom Gérard Calvet O.S.B.

venerdì 4 febbraio 2011

La preghiera

Cari fratelli, tutti noi sappiamo che la preghiera è molto importante nella vita di fede.
La preghiera impedisce l'affievolimento della fede, della speranza e della carità.
Molti cattolici d'oggi affermano di non aver tempo per pregare ma in realtà, se analizziamo la nostra vita, ci accorgeremo che spendiamo molto tempo in attività inutili.
Non è forse vero che rimaniamo per ore a guardare la televisione?
Non è forse vero che molti cattolici spendono molto tempo in attività "ricreative" che potrebbero essere facilmente ristrette per far posto alla preghiera?
Se noi ci ritagliassimo anche solamente 15 minuti al giorno per la preghiera, anche le nostre attività umane ne ricaverebbero vantaggio.